Repus: Un giro nel lato oscuro


Edgar Allan Poe è nato un giorno prima di me, 176 anni prima di me. E mentre sto qui a spiegarvi i super eroi, in un’altra linea temporale lui sta inventando il racconto poliziesco, la letteratura horror e il giallo psicologico. Il suo Auguste Dupin, in particolare, ha straordinarie capacità deduttive che gli permettono di risolvere casi criminali senza nemmeno recarsi sui luoghi dei delitti, gli basta leggere i resoconti sui giornali.

Sono storie cupe che indagano nell’animo umano, risalendo ai labirinti della psiche tramite l’orrore che si prova nel ricostruirne le terribili azioni. Il genere è talmente suggestivo e ghiotto che nel 1900, alle soglie degli anni venti, continua ad andare forte anche nei pulp magazine.
I pulp magazine sono riviste poco amate dalla critica che propongono narrativa avventurosa, spesso raccapricciante, ma talvolta anche eroica. In questa cornice, nel 1919, uno scrittore di nome Johnston McCulley dà vita sulla carta a un ricco nobiluomo che indossa una maschera nera per nascondere la sua identità e combattere in nome della povera gente contro la tirannia dei vari governatori che affliggono la sua città. Il personaggio ha così tanto successo da venire trasposto neanche un anno dopo in un film muto, interpretato da Douglas Fairbanks. Il film si chiama ‘The mark of Zorro’.

Ora, date ad Auguste Dupin il guardaroba di Zorro, il suo patrimonio monetario triplicato e una forte motivazione personale per alzarsi dal divano e darsi al fitness.
In un certo senso è quello che fecero, nel 1939, Bob Kane e Bill Finger quando gli fu chiesto di creare un nuovo super eroe, a pochi mesi dal grande successo di ‘Superman’. I due autori rielaborarono i protagonisti ‘oscuri’ dei pulp magazine di allora, detective mascherati come Black Bat di ‘Black Book Detective’ o The Shadow (ai cui serial radiofonici, negli anni ’30, prestò la voce anche Orson Welles) che agivano nell’ombra in storie dalle atmosfere cupe, intrise di morte e mistero, per risolvere crimini e dispensare brividi. Bob Kane era un sincero appassionato dei progetti ingegneristici di Leonardo Da Vinci e, per alcuni dettagli relativi al design del personaggio, si ispirò all”uomo volante’ del genio rinascimentale italiano.
E nacque Batman.

Bruce Wayne è un milionario che, da bambino, ha assistito all’omicidio dei suoi genitori da parte di un borseggiatore. La sua città. Gotham City, è una metropoli americana che vive perennemente negli anni ’20: corruzione, violenza e miseria sembra siano alla base del piano regolatore urbanistico. Spinto dal desiderio di correggere il torto subito (vuoi il senso di colpa, vuoi il desiderio di vendetta, troncamento del processo edipico, manie di grandezza… c’è margine per un intero filone di trattati di psicanalisi) decide di dedicare la sua intera esistenza alla lotta al crimine e, per fare questo, perfeziona le sue abilità fisiche e mentali per diventare il più grande detective vivente, ma anche l’osso più duro che chiunque possa affrontare, in termini di abilità atletiche e combattive. In più, ok, è anche talmente ricco da potersi comprare uno Stato tutto suo.

E bravo, direte voi, sono capaci tutti così. E’ vero, ma vi consoli il fatto che Batman, con tutti i soldi che ha, la vita non se la gode per niente. Non ha una famiglia, non ha una vera vita sociale, per ‘the Apprentice’ gli hanno preferito Briatore, investe ogni spicciolo nella lotta al crimine, quindi nella realizzazione di potenti gadget, computer, veicoli futuristici, qualsiasi cosa lo aiuti a sventare il crimine e, soprattutto, a terrorizzarlo. Perché il punto forte di Batman è la sua paranoia ossessiva. Non basta avere tutte le capacità fisiche e deduttive per annientare il crimine, devi anche spaventarlo. E così facendo se la tira da solo, perché da un lato ha le autorità contro di lui, e dall’altro scatena un’escalation di nemici pittoreschi e completamente fuori di testa che intervengono a complicare il già complesso lavoro quotidiano contro la malavita. Il Joker, ad esempio, non uccide per soldi o per ottenere il potere, ma solo perché si definisce, parafrasando l’interpretazione di Jack Nicholson del 1989, “il più grande artista dell’omicidio a ciclo completo”.

E perciò Batman rimane incastrato in una lotta titanica tra senso della giustizia e necessità di usare la violenza, bisogno di infondere paura nei propri nemici, ma anche nella gente che deve proteggere. Una crociata eterna e solitaria contro forze oscure ma ‘umane, troppo umane’ che gli si moltiplicano intorno ogni giorno. Una causa persa. Di quelle che definiscono un eroe.

Vi piace di più, Batman. Avete visto i film, avete visto le serie animate da piccoli, vi vengono in mente paragoni con Gotham City quando girate di notte dalle parti della stazione Termini, sapete chi è il Joker perché al cinema è stato interpretato solo in modo magistrale. Anche se non avete visto i suoi film – per non sminuire le ore passate a interiorizzare muti fermi immagine coreani che vi consentono di darvi un tono senza perderci profondità – non avete davvero bisogno che qualcuno vi spieghi chi è. I super eroi vi fanno schifo ma Batman, al limite, lo sentite più vicino.

Va bene, bravi, mi avete reso più semplice il lavoro. Ora veniamo al punto: perché vi piace di più?
Meglio di me, ve lo ha già spiegato Nietzsche, quando a proposito del confronto tra apollineo e dionisiaco ha detto: “Superman è un grande, ma Batman è tostissimo”.

Punto primo – Batman è “solo” un uomo, privo di super poteri, che grazie all’abnegazione e a una motivazione interiore senza precedenti, diventa qualcosa di più: non un superuomo, ma una leggenda.

Punto secondo – Batman indossa una maschera, agisce nel buio, ha a che fare con il lato oscuro della realtà, con l’abisso, quello che se lo guardi a lungo alla fine ti guarda dentro, eccetera. Se vi piace Batman è perché subite la fascinazione della notte, dell’idea che nel buio nessuno vi veda e tutto ciò che siete in grado di essere o fare, siete e farete. Batman fa al posto vostro quello che voi non riuscite a fare, nonostante lo vorreste: un giro nel lato oscuro.
Almeno ringraziatelo.


Simone Vacatello

Simone Vacatello, 28 anni, laurea magistrale in Lettere moderne. Umanista e randagio della comunicazione, non è qui per farvi apprezzare l'invasione di fumetti e super eroi, ma per aiutarvi a farvene una ragione

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