Domenica in strada: Hyuro


Sapete che giorno è oggi? Oggi in Irlanda si festeggia San Patrizio. Non una festa qualsiasi ma la festa di San Patrizio e sapete cosa vuol dire questo per un irlandese? Ci si veste di verde, dalla testa ai piedi e si fa festa tutto il giorno a suon di birra fino a stare male. A Dublino il Paddy’s Day viene festeggiato con una sfilata lungo le strade della capitale irlandese e io ricordo che del mio anno trascorso a Dublino quel giorno è stato di sicuro il più bello, il più divertente e il più freddo. Voglio ricordarlo così e oggi anche io festeggerò con il ricordo nel cuore.
Dall’Irlanda di Fin Dac di cui vi ho parlato qualche domenica fa ci spostiamo con il pensiero in Spagna (ancora in Spagna vi starete chiedendo) perché pare che là spuntino street artist come funghi dopo una settimana di pioggia e oggi andiamo precisamente a Valencia, la città catalana dove vive un’artista formidabile.
La street artist di oggi è Hyuro, ho letto da qualche parte che viene dall’Argentina, ha scelto la città catalana come residenza e se ne va in giro per l’Europa a disegnare. Fatto sta che ha iniziato a lavorare in strada dopo il suo incontro con Escif (uno dei miei artist preferiti, ve lo ricordate vero?) dove forte è l’influenza di quest’ultimo e insieme compongono murales favolosi,  Io ho visto alcuni dei suoi capolavori proprio in Spagna, durante una delle mie brevi trasferte, dove in un barrio di Valencia ha lasciato il segno con dei pezzi che compiscono per l’immediatezza dei messaggi e il modo in cui l’artista sottolinea la precarietà dell’esistenza umana e dei suoi sentimenti. Così, per rendere l’atmosfera più suggestiva, Hyuro predilige il nero per disegnare gli abitanti del suo mondo sospeso, un universo decadente ma naturalmente impressionante in cui donne e uomini vengono ritratti nella loro solitudine, immersi in quel pensiero pessimista che corrode la speranza. Li vediamo muoversi esattamente nell’attimo in cui lo spazio incastra ogni movimento umano e lo costringe a vivere il suo universo interiore come una coercizione. Proprio come operai in una catena di montaggio.

 

 


Zelda

Mi chiamano Zelda, come la principessa dei Nintendo, come Zelda Sayre Fitzgerald, come Beautiful Zelda della Bonzo Dog Doo-Dah Band. Sono alta quanto una mela della Val di Non, sono impertinente come i miei capelli e mi nutro di street art, quella roba di cui vi parlo la domenica quando avete il cervello quadrato e parlate di rigori e schedine. Non potrete fare a meno di me.

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