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Non è un film per vecchi: Bling Ring

Non è un film per vecchi: Bling Ring


Il 26 di settembre è uscito nelle sale il nuovo film di Sophia Coppola, Bling Ring, trasposizione cinematografica di un reale fatto di cronaca e che espone le vicende di un gruppo di giovani liceali di estrazione medio alta che nel 2009 commettono numerosi furti nelle case incustodite delle star accumulando beni per il valore di 3 milioni di dollari fino alla loro inevitabile cattura.
Un film controverso che mi ha lasciato letteralmente senza parole tanto da farmi girare questo pezzo nella testa per settimane senza arrivare a nessuna conclusione. Alla fine, dopo tanto pensare una cosa l’ho capita. Come detto più volte dallo sbirro di Arma Letale, I’m too old for this shit.

Bling Ring, a dispetto del titolo (ninnoli luccicanti) non brilla, é la solita ascesa e caduta di un gruppo di persone che vive il lato oscuro del sogno americano per poi scoprire che il crimine non paga.
La pellicola scorre abbastanza veloce, con un montaggio da reality show nuovo modello dove le telecamere seguono le vite di nullafacenza di qualche vip o presunto tale. Esteticamente non lascia niente e ricalca abbastanza il modello di un video clip musicale, certo un gran video clip visto la colonna sonora alquanto efficace.
Il cast di attori semi sconosciuti annovera la deliziosa Emma Watson, definita divina dalla critica probabilmente per la pochezza degli altri interpreti dalla quale lei emerge come una vera e propria perla. Otto anni di Harry Potter ti insegnano almeno la professionalità, mantenuta anche nell’ interpretazione di un ruolo che sembra bidimensionale.

Il film apre numerose letture, se i più giovani si riconoscono nelle vicende raccontate e negli attori che le riportano sullo schermo, i non più giovani (giovanissimi) come me cercano significati profondi come il deterioramento dei costumi moderni, l’opprimente onniscenza e onnipresenza della rete, il malato bisogno di apparire e possedere, tutti aspetti affrontati dall’ articolo di Vanity Fair da cui il film prende le mosse.
Se la pellicola non lascia il segno, di sicuro ha il pregio o la disgrazia di porsi come uno spartiacque tra noi e loro, inseritevi a piacimento in una delle due categorie. Nonostante non sia l’età anagrafica a qualificarci, è indubbio che almeno dal punto di vista fisiologico ci siano delle ripercussioni; una delle quali può essere quella relativa alla fotogenia, assicurata se sei un teen ager, meno frequente quando usi instagram non tanto per rendere la tua foto vintage quanto per uniformare il colorito della pelle dopo una giornata pesante.

C’è però una cosa che sembra rimanere intatta e preservarsi da una generazione all’altra, i gusti costosi e la conseguente voglia di soddisfarli. Pur non essendo una giovane diciassettenne, confesso che anche io avrei potuto far scivolare accidentalmente un paio di scarpe nella mia shopper da quattro soldi senza sentirmi affatto in colpa. Ecco che però la differenza di età si fa sentire di nuovo: se i giovani protagonisti del film perseguono i loro scopi forti di quella sfrontatezza adolescenziale che ti fa sentire immortale e inafferrabile, io, donna matura ed esperta del mondo avrei sicuramente evitato la galera. Durante i miei venerdì sera in pigiama e calzettoni ho visto abbastanza CSI da elaborare il crimine perfetto mentre i teenagers si cimentavano in shoot forografici a sfondo cessuale in qualche discoteca. Che pivelli.
Ma soprattutto la mia anzianità sarebbe emersa in uno degli aspetti più importanti, l’igiene personale. Dopo aver letto l’etichetta degli abiti di Paris Hilton avrei optato per il lavaggio migliore con aggiunta di un appropriato additivo disinfettante…so many nights in Paris. Probabilmente in questo momento mi starei godendo la refurtiva, fuori di prigione, senza prove a mio carico e senza eventuali malattie veneree. La cosa mi fa quasi pensare che forse non sono io che sono troppo vecchia, ma che siano loro ad essere troppo giovani.

Detto questo, ancora mi sfugge il significato profondo del film che non condanna le scelte di vita dei protagonisti ma che semplicemente ce li riporta, senza applicare alcun filtro o proporre una morale finale e indiscutibile. E nemmeno a noi interessa, elaborare parallelismi tra la società dei consumi e gli eventi criminali esposti nel film è facile e altrettanto sterile. Forse alla fine dei conti questo non è un film sul marciume nascosto nelle pieghe della società americana, quanto una sonora presa per il culo verso le star derubate che mettono a disposizione fin troppe informazioni sul loro conto, che lasciano porte aperte, chiavi sotto gli zerbini invitando il consumatore/fan ad entrare nelle proprie vite sia virtualmente che fisicamente non dando poi così tanto valore agli oggetti in loro possesso esponendoli agli occhi desiderosi dei visitatori…insomma, Orlando Bloom teneva una collezione di rolex nemmeno troppo nascosta dentro l’armadio. Cinque rolex, Orlando cosa te ne fai? Riattaccati le tue extencions biondo platino e desumi l’ora dalla posizione del sole, lasciando i tuoi orologi di lusso a chi non possiede le tue abilità da elfo.


Beatrice Lombardi

Laureanda presso il CITEM di Bologna è nata 26 anni fa dal tubo catodico. Dopo anni di amore e odio con mamma Televisione e papà Cinema ha deciso di percorrere nuove strade ed è scappata con il Web.

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