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A Sorsi di Birra: Gloria eterna a San Patrizio

A Sorsi di Birra: Gloria eterna a San Patrizio


Ci sono cose di cui ancora mi vergogno profondamente e peccati per i quali verrò un giorno punito con estremo dolore (assieme a tutti voi, sia bene inteso). Ho visto un sacco di posti, avuto discrete esperienze conoscitive, leggiadre e vorticanti emozioni e tricche e baldracche, ma… non sono mai stato in Irlanda. Ecco, lo confesso. E in realtà se avete presente quelle cose pazzesche che proprio non ti spieghi, per me questa ne è un bell’esempio. Anche se, per dirla tutta, a vedere la vita come assurdo quotidiano del senza senso più o meno apparente, la questione rientra nella assoluta normalità del vivere.
Comunque, per tornare in tema (o quanto meno per cercarlo il tema) ed essere anche meno filosofici, vi dicevo dell’Irlanda e del fatto di non esserci mai andato, nonostante l’abbia sempre vista con la faccia sorridente di un bambino disperso tra verdi campi, elfi, hobbit e quant’altro di più idillico e giocoso mi possa da sempre venire in mente. Ecco, direi che ho sempre immaginato l’Irlanda come un “verde ed ameno spazio oltre il  tempo” e se ripenso al grillo che mi è partito per la testa ieri, quando simpaticamente mi sono trovato ad affogare nel trittico Irlanda, Stout e San Patrizio, beh direi che una scrollata sui voli Roma – Dublino sarà quanto meno d’obbligo appena finisco di attaccarvi questa pappardella.

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San Patrizio, chi era costui? Ovviamente il patrono dell’Irlanda, la cui festa nazionale si festeggia il 17 marzo di ogni anno con un gran movimento festaiolo, non solo in terra natia. Patrizio, in realtà, nacque in Scozia nel 385 e dopo vari anni di peripezie e residenze in diverse paesi, al servizio della chiesa cattolica, ebbe l’incarico in qualità di Vescovo di evangelizzare le isole britanniche e l’Irlanda in particolare, dove venne inviato dal Papa Celestino I nel 431. A San Patrizio si deve la diffusione del Cristianesimo nella verde isola, pur se condito da alcuni elementi di paganesimo innovativi, derivanti dalla cultura celtica. Al Santo sono associate inoltre moltissime leggende, tra cui il famoso pozzo, la liberazione da serpenti e topi, oltre che la riconducibilità del trifoglio come simbolo nazionale, a rappresentare la santissima trinità.

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Ad ogni modo, dopo questo brevissimo excursus vi chiederete dove voglio andare a parare. E stranamente lo so anche  (mi sono preparato prima),  perché la risposta è semplice. La festa di San Patrizio celebrata ieri è una delle occasioni più festose di vicinanza, cordialità e baldoria… e cosa c’è sempre insieme a queste ultime? La birra. Molto bene. Ma non è un buon San Patrizio, birarriamente parlando, con una birra qualsiasi. E lo sapete bene, le tradizioni a volte sono da benedire ed avere in gloria.
Non è San Patrizio, per farla breve, senza qualche cazzo di pinta di Stout e balletti in punta di piedi.

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Dell’origine delle Stout e l’importanza della Guinness come capostipite vi ho parlato in altre puntate.
Oggi volevo cogliere l’occasione per raccontarvi di un’altra Stout che mi sta a cuore, anche se poco conosciuta, bevuta ieri come vuole il caso con un caro amico beone che la produce, mezzo inglese e mezzo irlandese, trasferitosi in italia da molti anni ed entrato ufficialmente nel mondo della birra la scorsa estate fondando il suo birrificio, Hilltop Brewery, in quel di Bassano Romano (ora mi siedo un attimo che mi gira la testa).
Ad ogni modo, conoscere Conor tempo fa è stato molto interessante perché è uno dei pochissimi in Italia a produrre veramente in “tradizione inglese”, con un impianto molto canonico e uno stile ottimo, piacevole e riconoscibile, controcorrente e combattivo per molti aspetti.

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La Gallagher Stout di oggi è una trovata intrigante. Molto gradevole e beverina (5,5 %), dedicata alla mamma irlandese, cela nella sua “semplicità” fatta di sapori e aromi canonici e delicati, sfumati tra note tenui di caffè e più marcate di cioccolato, un ingrediente inconsueto e caratterizzante. Se siete appassionati di sushi capirete. L’ingrediente magico di questa produzione sono le alghe tipiche del posto, conosciute come dulse,  raccolte, essiccate e affumicate in una variante particolarmente “casalinga” da un piccolo produttore locale. Questo ingrediente magico dona alla birra un carattere particolare, riconducibile al “salmastro”, ben armonizzato tra i sapori dei malti caratterizzanti dello stile e che definirei decisamente “umami”, come quinto carattere gustativo teorizzato oltre ai canonici dolce, amaro, acido, salato. La Gallagher è un ottimo esempio di classicità, misto all’innovazione delle giovani leve, per un San Patrick’s day “romano” di tutto rispetto.

Ora, come promesso vi lascio, ho un volo da prenotare.


Umberto Calabria

Umberto (JJ) Calabria - Jungle Juice Brewing, autistico della birra e ancora "homebrewer" della domenica. "Liutaio" del sabato pomeriggio se ci scappa. Laureato e lavoratore per errore il resto della settimana. Curioso come una scimmia, sempre.

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