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IAHsummer2015: racconti di natura e architettura

IAHsummer2015: racconti di natura e architettura


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Nel salento il caffè te lo servono nelle versione gourmet con ghiaccio e latte di mandorla. Quando lo chiedi con il volto inconsciamente incuriosito del turista, il barista capisce subito che sei “di sù”, ride compiaciuto e orgoglioso di una rivisitazione tutta loro, e ti consiglia pure il pasticciotto, un dolce di pastafrolla ripieno di crema pasticciera.
In verità, quest’ultimo, me lo aveva consigliato anche Giuliana che ho chiamato mentre ero in autostrada e sfrecciavo davanti all’uscita Cerignola Ovest.
«Dovete assolutamente assaggiare i rustici e il pasticciotto» mi dice con la sua voce furbetta; chè prima delle bellezze naturali, dei musei, delle calette, delle spiagge, del mare, di Lecce, dei trulli, Otranto e Ostuni ( e via discorrendo), per noi italiani c’è sempre la cultura del cibo.

A San Cataldo Marina di lecce, sede nell’epoca romana di un importante porto fatto costruire da Augusto e di cui oggi rimangono solo dei resti appena visibili (che poi è il posto dove io e Marta siamo diretti) mi dicono che c’è un lido, uno dei dodici, che al “solito”  caffè con ghiaccio e latte di mandorla, aggiunge pure una spuma di latte niente male. Mi riprometto di assaggiarla.
San Cataldo è piccola. Una piccola località turistica salentina che negli anni ha perso un po’ della sua verve e del suo appeal, rubatagli ingiustamente da locali e stabilimenti della costa opposta che si sono ingolfati di giovani tunz tunz, uniti dal grido del Samsara Beach e dagli occhiali specchiati che le mattine trovi a galleggiare nell’acqua cristallina, testimoni di distratte e scottanti notti estive.

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A 10 metri da quel mare di San Cataldo, sulla costa adriatica (e se guardi la foto quissù, in fondo al cancello, il mare lo vedi davvero), c’è l’Ostello Del Sole, base estiva del secondo workshop di ArchiSTART, (ricordi il Save the date di Maggio?) che ha ospitato i 100 ragazzi provenienti da tutto il mondo intenti ad aggiudicarsi, attraverso la progettazione di un Glamping, uno stage presso gli studi londinesi ORPROJECT e DOSarchitects.
Quando scendo dalla macchina, l’effetto “aria condizionata” cessa di (r)esistere, e quella sensazione di pelle appiccicosa e lucida e sudaticcia (una cui parte, tento di nascondere inutilmente dietro gli occhiali) diventa la pesante compagna di viaggio, da cui non mi separerò mai fino alla (ri)partenza.

Come Media Partner ufficiali dell’evento, avevamo programmato proprio il giorno del nostro arrivo, un intervento semi-urbano all’interno di un edificio dell’ostello, ad opera di Chekos, artista salentino classe 1977, che da quasi 20 anni è attivo nel mondo del writing e dei graffiti (ma tu chiamala Street Art se preferisci), dimostrando di essere un vero e proprio pioniere del movimento con lavori che compaiono in Italia, in Macedonia, in Germania, in Lussemburgo. Non uno dei tanti illustratori prestati all’ormai conveniente e blasonata arte urbana (ma tu ri-chiamala Street Art, se preferisci).
Chekos lavora con bombolette, pennelli, stancil, pennarelli e proiettori e si, lo racconta a gran voce, che non è il mezzo a determinare chi sei o cosa fai, ma il messaggio che con quegli stessi mezzi, vai a trasmettere.
Il lavoro completo, lo trovi nella foto qui sotto (uplodato quest’estate, direttamente sul nostro account Instagram).
La sera con un faro da 500w sparato sul viso (e l’immancabile sensazione -che poi tanto sensazione non è- di pelle appiccicosa e sudaticcia) io e Marta ci divertiamo pure serigrafando una t-shirt studiata apposta per IAH, che in tanti per (nostra) mancanza di forze non sono riusciti a prendere. Le scuse verso quelli che “non ce l’hanno fatta” sono d’obbligo.

I ragazzi intanto, divisi in 13 gruppi, studiano, progettano, ricercano l’architettura nella natura, che poi quest’ultima era l’habitat primitivo anche della geometria e della matematica, prima ancora che l’ingegneria venisse inventata. Prima ancora dei compassi, delle squadrette, dei goniometri e dei righelli.
Chè per vedere parabole, equazioni, sezioni auree e sequenze di fibonacci basta l’occhio attento di chi sa cogliere la perfezione di un girasole, la bellezza di una libellula, l’ordine delle foglie che crescono e conferiscono geometrie alle piante, la retta d’orizzonte del mare, l’entropia del cielo stellato, la regolarità del sistema solare (con tutte le costanti e variabili al seguito) o l’intreccio imperfetto dei rami di un ulivo secolare.
E da questo processo di intuizione, a cielo (e cuore) aperto, immersi nel verde di una pineta fronte mare, i partecipanti trovano ispirazione, si confrontano, alle volte si fraintendono e bisticciano (per imporre l’una o l’altra idea) per poi chiarirsi, dividersi i compiti e tornare a progettare bene. Chè la strada verso la vittoria dello stage passa attraverso le idee, ma anche l”arte del saper fare”.
Le tavole e i plastici realizzati infatti, li ritroviamo esposti l’ultimo giorno di IAH nell’affascinante piazza di Lecce che accoglie un mare di magliette verdi che studiano, ripassano, guardano, spiano, controllano, si scambiano occhiate complici, sistemano plastici, in attesa dell’ultima grande e decisiva fatica: presentare il loro progetto alla commissione.

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Tommaso, Lucio, Andrea, Davide e Giacomo, sono quelli che guidano e “benzinano” la macchina di ArchiSTART (e i relativi eventi IAH), spingendo sull’acceleratore quando si tratta di organizzare un pool party in perfetto stile americano (ma in una splendida masseria pugliese) o una gita a porto cesareo col sole della costa ionica che ti dipinge la faccia di arancio, ma senza dimenticare di mettere tutto in folle quando c’è da buttarsi nella mischia e divertirsi come uno dei tanti partecipanti.
E tutto il lavoro che c’è dietro, tutta la fatica impiegata per caricare e scaricare materiale, tutto il sudore buttato nei viaggi andata/ritorno da una parte all’altra dell’ostello, (senza contare lo sforzo mentale, meno quantificabile, ma ben più importante) puoi solo immaginarlo viaggiando con la fantasia di un bambino che si diverte in un parco giochi, accompagnato dalle follie dei tutor che alternano la “maschera” del maestro a quella dei folli.

Alla fine di questi giorni, passa tutto; passa la pelle appiccicaticcia, passa il caldo nella tenda, passano i sassi e le pigne sotto i sacchi a pelo (che la mattina successiva, sai perfettamente in quale parte del tuo corpo si sono infilati), passano i chilometri fatti in macchina, le docce gelate e le scarpe sempre piene di sabbia.
Passa tutto, tranne la voglia di stare insieme, di progettare qualcosa, di stringere rapporti, di scambiarsi idee, di mettersi alla prova, di ascoltare e di raccontarsi.
Passa tutto, tranne quella sensazione di appartenenza che ti porti dietro persino dopo una settimana, un mese, un anno, che ti fa capire che IAHsummer2015, ce l’hai ancora dentro e probabilmente non è finito il giorno in cui te ne sei andato.
E se è vero che a vincere è solo uno (a proposito, tra le foto trovate le tavole del progetto vincitore FRAME) è anche vero che sulla strada del ritorno, ti senti così pieno e carico e stimolato e appagato, che non puoi non sentirti vincitore pure tu.

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Alessandro Rossi

Alessandro Rossi, fondatore di organiconcrete e pseudo studente di Ingegneria Edile-Architettura presso "La Sapienza" di Roma. Ossessionato dai buchi temporali, dall'eta adolescenziale, dal trascorrere del tempo, dai rapporti umani e dall'arte. Irrimediabilmente fesso.

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