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This is England ’90: si apre e si chiude il quarto capitolo del franchise inglese


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Nel 2006 This is England usciva nelle sale cinematografiche di mezza Europa, diventando un film cult e collezionando premi e riconoscimenti grazie al suo modo di raccontare la storia di un paese attraverso gli occhi di un pugno di ragazzi, tra violenza e pretese nazionaliste, speranze e desiderio di comunità. Mettendo due generazioni a confronto, attraverso l’impalpabile percezione dello scontro tra genitori e figli, in primo luogo culturale, nei primi anni ’80, all’alba di un mondo nuovo.

In questi nove anni, Channel4 ha riesumato ben tre volte l’universo finzionale della pellicola affidando la regia e la scrittura al padre naturale, Shane Meadows. Riprendendo le fila del racconto a due anni di distanza da dove ogni volta veniva lasciato, arrivando fino a toccare la fine di un decennio e l’inizio di un altro. La serie britannica da recuperare in qualsiasi modo di questo mese è This is England ’90, sia se avete amato i protagonisti dal lontano 2006, sia se non abbiate la minima idea di chi siano. In ogni caso sarà, o è stata, una lunga amicizia.

La terza stagione si divide in quattro episodi che si snodano nel periodo temporale di un anno interno, il 1990 per l’appunto. Partendo dalla primavera fino ad arrivare all’inverno veniamo messi al corrente di tutto quello che è cambiato negli ultimi due anni, quando la macchina da presa era spenta, oppure puntata da un’altra parte. Questa volta l’obbiettivo si muove, facendo la spola tra quei personaggi che sono usciti dall’adolescenza e fanno i conti con la vita adulta (come se poi, la vita dura di provincia non ti facesse già da sola maturare prima del tempo) e quei personaggi che invece possono permettersi ancora il lusso di passare la propria giornata a strafottere, bevendo gin di prima mattina e fumando bong ecosostenibili ricavati da vecchi bottiglie. Appuntatevelo da qualche parte, c’è gente che al riciclo creativo ci pensava già in tempi non sospetti.
Mentre, ecco, il recupero e l’utilizzo della stagnola non è proprio una cosa di cui andare fieri. Un aspetto, quello del consumo di eroina, al quale la serie fa obbligatoriamente riferimento nel tentativo di riprodurre le problematiche del tempo nel modo più fedele possibile.


Una cosa di sicuro gli anni ’90 l’hanno portata, una di quelle cose che i personaggi di This is England non potevano di certo lasciarsi scappare: la cultura rave, lo stile baggy nel vestire con pantaloni a zampa, felpe e magliette larghe dalle stampe psichedeliche, cappelli da pescatore. Un senso della moda che i più sfortunati di noi hanno continuato a subire nel corso della pubertà nei primi anni 2000. Ma soprattutto la scena musicale di Madchester sviluppatasi a Manchester tra la fine degli anni ’80 e i primi ’90. Protagonisti i gruppi alternative rock che condivano le loro sonorità con una buona dose di dance elettronica, un concetto di amore comunitario rinvigorito dal massiccio uso di ecstasy e dall’atteggiamento bohemien della città tutta, un locale leggendario come l’Hacienda e le feste che si tenevano al suo interno. Un fenomeno legato a doppio filo alla nuova tipologia di vita notturna che da Ibiza arrivava fino al Regno Unito.
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Il carattere comunitario dei raduni rave, nato dalla ideale commistione di spirito hippy e punk, abbracciata con piglio rivoluzionario e pacifista dal leader dei Clash Joe Strummer, pare dare un sonoro calcio nel culo al razzismo caratteristico dei primi anni ’80.
Una sottocultura meno estetica e più basata sull’effettiva esperienza e partecipazione, che calza a pennello ai nostri personaggi, impegnati da sempre nella formazione di un gruppo unito, di una famiglia. Non necessariamente biologica ma di affetti forti. E nessun affetto sembra essere più forte di quello che puoi provare sotto l’effetto di droghe sintetiche, mentre balli della buona musica pelle contro pelle con altre centinaia di persone.
Da gli Happy Mondays agli Stone Roses, è la musica anche in questa stagione a farla da padrona, e se pure voi (come me) di Madchester non ne sapete nemmeno mezzo cazzo, in nostro soccorso arriva sempre lui, Shane Meadows, e il suo documentario Stone Roses: made of stone, che ripercorre la carriera della band e l’influenza che il panorama musicale di Manchester ha esercitato sulla musica brit dagli anni ’90 ad oggi.
Mettendo la firma sulla terza stagione ancora una volta Meadows racconta quello che conosce meglio, ancora una volta ci racconta la storia, ancora una volta attraverso piccoli stralci di vita mescolati a tutto quello che di grande ci succede intorno.

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Beatrice Lombardi

Laureanda presso il CITEM di Bologna è nata 26 anni fa dal tubo catodico. Dopo anni di amore e odio con mamma Televisione e papà Cinema ha deciso di percorrere nuove strade ed è scappata con il Web.

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