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A colpi di luce 3.0: Ludovica Maria Busdraghi

A colpi di luce 3.0: Ludovica Maria Busdraghi


Tasche

Ciao Ludovica, la prima cosa che ti chiedo è di parlare di te attraverso due scatti: fotografa ciò che hai in tasca e dove ti trovi adesso, raccontaci se (e perché) rappresenta il posto in cui vorresti essere. 
In questo momento sono a casa, in cucina, ad aspettare che il pranzo finisca di cuocersi. Istintivamente ti direi che sì, vorrei essere qui e da nessun’altra parte, perché non vedo l’ora di recuperare le energie dopo una mattinata passata all’università. Pensandoci su, invece, dico mi piacerebbe essere in viaggio da qualche parte.

Se c’è una cosa che mi chiedo spesso, quando guardo le foto dei fotografi che intervisto è questo: come si sta quando si fotografa? Nel momento in cui si scatta, che sensazioni hai? E poi dopo, quando guardi la foto, a che pensi? 
Quando scatto, la sensazione generale che prevale è quella di rilassatezza. La fotografia mi permette di isolarmi completamente dal mondo, tanto che molto spesso perso la concezione di quel che ho attorno – e magari finisco pure per cadere in qualche pozzanghera o simili. Per il resto, sono troppo concentrata su quel che faccio per tenere conto razionalmente delle mie sensazioni: penso che vengano direttamente incanalate nei miei scatti, dove poi vanno a riflettersi – almeno spero.
Quando riguardo le foto fatte in passato, mi ritorna subito in mente lo stato d’animo generale che mi caratterizzava in quel dato periodo.

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Attraverso la tue foto mi rendo conto che ti piace molto fotografare e sperimentare, che hai uno stile tuo sullo still life e mi chiedo da cosa nasce questa tua voglia di fotografare gli oggetti, il cibo, i paesaggi anche. come vedi gli altri e il mondo? cosa c’è che per te che debba essere ricordato, fotografato, raccontato?
Essendo una persona molto curiosa e che assorbe attivamente gli stimoli del mondo esterno – forse anche troppo – continuo a trovare molto difficile soffermarmi su un singolo genere.
La food photography e lo still life sono due generi quasi forzati: oggetti e cibo sono dei materiali che ho a disposizione quando voglio, quindi mi risulta più facile sceglierli come soggetti.
I paesaggi sono ormai più una prerogativa di viaggio: potessi fotograferei prevalentemente scenari, ma conduco una vita abbastanza ordinaria e monotona, quando c’è lo studio di mezzo, quindi gli scorci particolarmente interessanti scarseggiano.
Per il resto, mi piace trovare qualcosa di interessante in ogni cosa che vedo, e soprattutto esaltare qualità o particolari a cui non si pensa quasi mai: questo mi sta risultando utile soprattutto adesso che sto iniziando ad aprirmi anche nei confronti della ritrattistica, che per anni ho lasciato decisamente in disparte.

Molte delle tue foto sono scattate in analogico, non mi piace chiedere con che mezzo si fotografa perchè per me è importante il fotografo e quello che prova, ma certe volte mi chiedo cosa si prova a voler fotografare qualcosa di immediato con uno strumento che non permette l’acquisizione immediata, o la fruizione, se vogliamo, ha importanza lo strumento per te? E come motivi la tua scelta sull’analogico?
Avendo iniziato a fotografare in analogico, quando ero molto piccola, per me questo tipo di fotografia è stata innanzitutto una sorta di ritorno alle origini. 
In secondo luogo, mi ha permesso di trovare qualcosa di interessante anche nelle situazioni ordinarie: a volte sono quei difetti tipici della pellicola che fanno la foto.
Ancora sono in fase di sperimentazione: mi piace provare pellicole di ogni sorta e genere, per capire quali usare in una determinata situazione e quali no.
Più imparerò a conoscere i miei mezzi, più potrò operare per discriminazione, e scegliere, ogni volta, se scattare in digitale o in analogico, poiché a mio parere ci sono soggetti che rendono meglio grazie ad una tecnica in particolare.

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Cosa ispira e modifica la tua ricerca?
È quasi tutta una questione “di pancia”: a parità di mezzi a disposizione, tante volte mi viene più semplice concentrarmi su un genere, piuttosto che su un altro.
L’ispirazione parte soprattutto da questo, poi anche le condizioni al contorno fanno la loro parte: il film del momento, l’artista preferito, la canzone con cui sono in fissa…

Una domanda alla quale vorresti rispondere e che nessuno ti fa mai.
Probabilmente non ce n’è una: mi riesce molto difficile trovarla!

Da piccoli quando la maestra ci chiedeva cosa volessimo fare da grandi rispondevamo coi mestieri che sognavamo, il tuo è quello che hai sempre sognato? Tu Cosa rispondevi ?
La veterinaria.  
Nel corso degli anni – soprattutto nei periodi più recenti – ho cambiato strada e idee talmente tante volte che sono io stessa a chiedermi, continuamente, cosa voglia fare da grande!

Ho chiesto per un anno, a tutti I fotografi, quali fossero I loro progetti futuri, ho deciso di cambiare e chiederti, cosa vuoi fare oggi e cosa farai veramente?
Oggi vorrei tanto dedicarmi ad un po’ di lavoretti per sistemare casa, ma i libri mi stanno chiamando in malo modo, quindi penso che mi dedicherò allo studio matto e disperatissimo.

Intervista conclusa, prima però, consigliateci un film, un libro, un disco e un fotografo.
Fra qualche tempo ripartirò per l’Islanda, quindi tiro fuori una tripletta ispirandomi al mio viaggio precedente!
Un libro: “Viaggio con Charley” di John Steinbeck, letto un mesetto prima di partire.
Un album: “Hvel” degli Árstíðir, un gruppo islandese che mi hanno fatto conoscere durante il tour.
Un film: “The Secret Life Of Walter Mitty”, che mi ha fatto tornare il “Mal d’Islanda” a distanza di mesi.

 

Ringraziamo Ludovica Maria Busdraghi per la sua disponibilità, qui il link al suo sito: http://www.ludovicambphotography.com/

 

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Giuliana Massaro

Giuliana Massaro, 26 anni, studentessa di lettere moderne da un po', lunatica da sempre. Penso troppo, parlo poco, faccio foto.

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