Mario Soria e l’arte dell’inganno


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Poteva essere un lunedì come tutti gli altri ma io ieri ho deciso che doveva essere diverso perché le feste sono finite, pandori, panettoni e torroni li ho ben conservati sui miei bei fianchi burrosi e pensavo che era giunta l’ora dei buoni propositi. Quelli della dieta e quelli del nuovo anno. Il caffè era appena uscito, profumato e tenebroso come piace a me che poi versato nel latte diventa fantasticamente macchiato. Un pizzico di miele, giusto per dargli un pò di dolcezza e accompagnato ad un pezzetto di dolce fatto in casa con uvetta e scorzette di mandarino volevo iniziare così anche la settimana. Un solo pezzo però, mi ero giurata. Tutto sembrava andare come pensavo quando proprio l’estremità del pezzetto di dolce che avevo inzuppato nel latte mi casca prepotentemente nella tazza perché i miei occhi si fermano un istante più del dovuto sullo schermo della televisione che dava la triste notizia del giorno: “E’ morto David Bowie”.

Il pezzetto affonda nel latte e io incredula capisco che non era ieri il lunedì adatto per iniziare la dieta. Per amore della musica e dell’arte della quale era uno splendido rappresentante rendo omaggio al Duca Bianco con un altro pezzo di dolce, ignara ancora di un’altra triste verità della quale sono venuta a conoscenza poco più tardi chiudendo la porta di casa, con un messaggio che illumina il display dentro la borsa. Un’ altra perdita, questa volta ancora più grande, avrebbe condizionato la mia giornata e quella della nostra redazione, tutta unita, forte e compatta attorno al nostro capo, che di suo nonno, amico di famiglia e uomo bellissimo, ha qualche somiglianza. Dunque, mi scuserà David Bowie se non dedico a lui questo articolo (credo che il dolce possa bastare) ma credo di doverlo ad un’altra persona straordinaria, senza la quale non avremmo avuto quel rompiscatole del grande capo e forse non avreste letto questo pezzo.
Franco, non so dove sei ma tu sai che queste righe sono per te.

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L’ospite di questo primo martedì surrealista del nuovo anno si chiama Mario Soria ed è un artista autodidatta che vive nella splendida Barcellona dove realizza le opere che sbirciando un pochino oltre le righe potete vedere nelle immagini che ho scelto per voi e che accompagnano la nostra ricerca nel suo surrealismo straordinario, se mi consentite l’unione dei due termini.

Non sono riuscita a trovare molte notizie riguardanti la sua biografia, non sembra essere un artista gettonato tra le riviste di settore eppure la sua capacità espressiva lo rende, a mio avviso si intende, uno degli artisti più promettenti nel panorama dell’arte contemporanea europea, soprattutto perché riesce a distreggiarsi abilmente tra le diverse tecniche compositive con le quali realizza le sue opere. v

vDifatti, l’artista spagnolo riesce a combinare un certo numero di elementi quasi si trattasse di un vero e proprio collage all’interno di una superficie come per esempio l’unione tra pittura e oggetti di uso quotidiano, nonché pezzi di lego e persino lattine squarciate di soda, come un vero artista lowbrow in grado di comunicare al mondo la sua versione di cosa si nasconde tra ciò che vediamo e ciò che veramente percepiamo osservando meglio.

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Le opere di Mario Soria, quelle in cui sembra lontanamente rendere omaggio a personaggi del mondo dello spettacolo, come nel caso di Andy Warhol, Woody Allen, Alfred Hitchcock e John Lennon, ma anche ad altri miti come Albert Einstein, all’ex premier francese Nicolas Sarkozy, in realtà osservandole da vicino ci si rende conto delle aggiunte apportate dall’artista, il quale accosta a questi volti noti scene bizzarre, elementi che tendono a mettere in risalto lo stile eccentrico del suo ideatore e che li rendono caricature, le quali rivelano al tempo stesso il desiderio di sconvolgere ironicamente le immagini tradizionalmente legate ad ognuno, quasi prendendosi gioco delle sue stesse caricature. Un insieme delizioso di pop art americana, surrealismo e pittura tradizionale.

Ma le opere più interessanti credo siano le ltre, quelle in cui non ci sono volti noti ma uomini quasi senza volto o col il volto coperto come “Lighthouse Man”, in cui un faro sostituisce i tratti del viso ma che allo stesso tempo rivela piccoli, infinitesimali indizi sull’identità del soggetto raffigurato che l’occhio dell’osservatore deve andare a cercare da solo, senza alcuna chiave di lettura specificata; in altre parole, in queste opere viene allo scoperto la sua tendenza nel rievocare situazioni grottesche che prendono spunto da artisti del passato come Hieronymus Bosch e altri maestri fiamminghi, i quali hanno fatto dell’arte dei dettagli la loro impronta secolare.

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Eva Di Tullio

Io sono Eva e con Tuesday Poison ogni martedì, vi racconterò la storia dell’arte pop surrealista e lowbrow: accomodatevi pure!

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