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A colpi di luce 3.0: Sebastiano Lo Turco

A colpi di luce 3.0: Sebastiano Lo Turco


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Ciao Sebastiano, la prima cosa che ti chiedo è di parlare di te attraverso due scatti: fotografa ciò che hai in tasca e dove ti trovi adesso, raccontaci se (e perché) rappresenta il posto in cui vorresti essere.
Mi trovo a casa, davanti al computer. È il luogo dove riorganizzo pensieri e fotografie. Alla mia destra posso scorgere un piccolo rettangolo di campagna, che è un po’ la mia salvezza. E al momento, senza un motivo preciso, mi va più che bene trovarmi qui.

Discuto sempre su quale sia il significato di bellezza, che per me è sempre soggettivo, mi piace sapere a cosa si riferiscono gli altri quando pensano alla bellezza, tu che significato personale dai a questo aggettivo?
Vorrei prendermi un po’ di tempo per rispondere (tipo cinquant’anni…) Non potendo farlo dirò che è forse un intimo contatto fra la nostra sensibilità e il mondo stesso nelle sue manifestazioni, armoniche o meno che siano.

Il viaggio che ti è piaciuto di più?
In Repubblica Ceca. Un paese accogliente, bello. Ricco di spunti fotografici.

Cosa ti affascina dei luoghi che fotografi? Come li trovi? Come procedi nella realizzazione dei tuoi scatti, se per caso hai un programma della giornata, insomma vorrei sapere tutto il pensiero che c’è nel muoverti e fotografare questi ambienti degradati, abbandonati. Di questi luoghi mi affascinano il silenzio, la solennità, l’atmosfera sospesa e quel lavorìo incessante che la natura, con una certa grazia, esercita su di essi nel tentativo di riappropriarsene.
Li trovo grazie ad amici che condividono lo stesso interesse (frequento un forum di appassionati del genere), leggendo i quotidiani oppure per puro caso, quando mi trovo in giro.
Solitamente mi metto in movimento con una manciata di posti sulla mappa. Come mi inoltro in uno di questi cerco di entrarci in sintonia. Dopodiché estraggo dalla custodia la reflex e a quel punto il tempo cessa di esistere. Il tramonto può suggerirmi che è arrivato il momento di tornare a casa.

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Un posto che ti è piaciuto fotografare maggiormente, e perché? Una gigantesca fabbrica nel nord Italia; una vera e propria città nella città che, nei suoi anni d’oro, diede lavoro a più di seimila persone. Al suo interno mi sono sentito impercettibile, eppure a mio agio.
Salire le stesse scale e camminare per gli stessi lunghissimi viali percorsi nel tempo da centinaia e centinaia di individui, mi ha portato a riflettere sulle loro vite, le loro preoccupazioni e i loro sogni. E credo che qualcosa di tutto ciò permanga davvero nelle mura scrostate di questi edifici, che tante cose hanno visto.

Il degrado, l’abbandono, che significano per te? La parola degrado mi riporta più che altro a luoghi trascurati, o offesi. La parola abbandono invece mi fa pensare a uno sfarzoso palazzo nobiliare lasciato al suo destino da un giorno all’altro, oppure a una ditta tessile dove il rumore assordante dei macchinari ha lasciato il posto a quello ugualmente monotono ma inferiore di qualche decibel (forse) delle cicale.
Abbandono è mistero e fascino per me. È la parola che sentii quando, da piccolo, in una Milano dei primi anni ottanta, chiesi a mia mamma perché fosse sempre tutto buio dietro i finestroni di quella fabbrica.
C’è anche una nota tristemente attuale e assai meno romantica in questo termine, ma preferisco parlarne tramite i miei scatti.

Puoi darmi la definizione di ‘fotografia’ secondo Sebastiano Lo Turco?
Non dirò nulla di nuovo, ma per me fotografia è riuscire a raccontare un luogo, una storia, un momento, con la mente e il cuore il più possibile aperti, lasciando in tutto ciò una filigrana di se stessi.

Una domanda che nessuno ti fa, ma che invece vorresti sentirti dire.
Qualcosa come: “sei felice?” Ma in fondo penso mi si legga in faccia ogni stato d’animo, nel bene e nel male.

Che cosa fai invece quando non scatti foto? Come passi il tuo tempo libero?
Amo andare in bicicletta, senza fretta; leggere; dipingere (l’altra mia grande passione) e stare in compagnia degli amici di sempre (che sopportano pazientemente le mie discussioni su “questo o quel posto che pare proprio sia abbandonato”).

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Se dovessi partire per un viaggio oggi, cosa porteresti nel tuo zaino e cosa lasceresti a casa?
Porterei con me sigarette, un libro e la mia macchina fotografica. Lascerei a casa l’accendino e qualche regola sulla composizione fotografica.

Un sogno ricorrente, uno irrealizzabile e uno espresso. Raccontaceli.
Il sogno ricorrente: il mare in tempesta o, a scelta, vecchie cantine piene di passaggi segreti. Uno irrealizzabile: chiacchierare con Cesare Pavese. Uno espresso: lavori in corso.

Ho chiesto per un anno, a tutti I fotografi, quali fossero I loro progetti futuri, ho deciso di cambiare e chiederti, cosa vuoi fare oggi e cosa farai veramente?
Vorrei portare a stampare qualche fotografia a cui tengo particolarmente. Cosa che, mi vergogno a dirlo, non faccio così spesso. Di sicuro invece mi preparerò degli spaghetti alla carbonara.

Intervista conclusa, prima però, consigliami un film, un libro, un disco e un fotografo.
Un film: Stalker, di Andrej Tarkovskij (lo so, è lento. Ma per me è prezioso: ha influito non poco sulla mia fotografia). Un libro: i luoghi e la polvere, di Roberto Peregalli. Un disco: Ok Computer, dei Radiohead. Un fotografo: Gabriele Basilico.

Ringrazio Sebastiano per la sua disponibilità, qui il link alle sue foto: Sebastiano Lo Turco

 

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Giuliana Massaro

Giuliana Massaro, 26 anni, studentessa di lettere moderne da un po', lunatica da sempre. Penso troppo, parlo poco, faccio foto.

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