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Il paradiso artificiale dei backpacker di oggi nel...

Il paradiso artificiale dei backpacker di oggi nelle immagini di Rebecca Rütten


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Quando conobbi il suo progetto fotografico io ne rimasi estasiata. Quel che in un primo momento mi colpì fu non solo la potenza visiva delle immagini ma tutto quel che dietro alla realizzazione di ognuna di esse si celava.

Rebecca Rütten, nel 2014, spinta dalla curiosità di capire quanto davvero fossero reali e sinceri coloro i quali per definizione si reputano dei globetrotter, conduttori di uno stile di vita libero e spensierato. Nel gennaio di due anni fa trascorre circa tre mesi in un ostello dell’America centrale, non definendo con esattezza il luogo proprio per proteggerlo da una possibile ondata di turismo che porterebbe alla contaminazione di un luogo ancora vergine di tecnologia e progressi vari.

Quelli che sono i protagonisti del suo progetto, divenuto adesso un libro, Never Never Land sono dei Peter Pan cresciuti, raramente lucidi e sobri, spiriti liberi molto svestisti provenienti principalmente dal nord degli USA, i quali hanno collezionato piercing e tatuaggi lungo i loro viaggi. Quel che hanno ricreato è un susseguirsi di feste infinite in cui la musica trance la fa da padrona, così come l’alcool, la droga e il sesso libero e privo di reali legami affettivi. Molte di queste persone hanno lasciato a casa dei compagni, dei partner ma qui il sesso assume un valore differente, privo di confini di ogni sorta.

Quel che la fotografa racconta è di aver dovuto esercitare una grande forza di volontà per non alienarsi entrando a far parte di quel mondo che in realtà non la apparteneva; quel posto isolato dal resto del mondo, in cui i contatti con i propri parenti e amici erano ridotti al minimo e la connessione internet quasi assente, facilitava l’immedesimarsi in quello stile di vita e non tornarne più indietro non era affatto difficile. Il gruppo l’ha accettata subito imponendo però le proprie regole, il senso di appartenenza era quello che spiccava fra tutti insieme ad una necessità di fidarsi dell’altro che rendeva la situazione spesso claustrofobica. Partecipare ai riti alcolici era fondamentale quasi al pari del sesso: tutti andavano con tutti.

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All’inizio Rebecca era molto motivata nel fotografare ma poi, a lungo andare, le situazioni divenivano molto ridondanti e ha iniziato ad essere più selettiva nello scattare, cercando di capire quale fosse la reale natura di questi backpacker contemporanei. Quel che emerse era che molti stavano male, fuggivano dai problemi e vivevano cercando di auto illudersi di aver trovato la pace. Si palesava una situazione molto simile a quella dei club berlinesi, in cui la droga è la chiave di accesso all’edonismo. Il tentativo (e speranza) era quello di risolvere i problemi in quel modo ma in realtà essi peggioravano sempre più; alcuni rientravano a casa solo per lavorare per brevi periodi e mettere da parte un nuovo gruzzoletto di soldi da poter spendere in questa isola tropicale così selvaggia e attraente.

Una serie di fotografie che portano a porre una riflessione, seppur in modo estremo, della costante ricerca del benessere, stato molto agognato e che molti cercano di ricreare nei più disparati modi.

Click per vedere le immagini (Attenzione, alcune immagini potrebbero urtare la tua sensibilità)

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Claudia Tornatore

Sognatrice, a tratti poggio i piedi sulla terra e ogni tanto salgo sulla luna. Laureata in scienze umanistiche, considero l’arte il fulcro della (mia) vita. La mia tesi? Arteterapia. Scrivo di fotografia, mi diletto con essa : è nella mia vita da che ho memoria, in fasi e forme differenti. Amo il colore, il tè nero, gli incontri inaspettati, i sorrisi, la voglia di cimentarsi in cose nuove e la mia bellissima Sicilia.

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