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Roger Milla: la goffa danza del 38enne che incantò il mondo


Il mondo si accorse di lui quando Roger Milla aveva già 38 anni. Tardino, per un calciatore. Insieme agli occhi spiritati di Totò Schillaci, è lui il simbolo dei Mondiali di Italia ’90. Le “Notti Magiche” furono illuminate dal suo sorriso senza un incisivo, ma soprattutto dalla sua esultanza dopo ogni gol: corsa verso la bandierina, mano destra in aria, la sinistra sul ventre, e via con il Makossa, la danza simile alla rumba così popolare dalle sue parti. Il Camerun arriva alla Coppa del Mondo come probabile squadra-materasso, per di più in un girone che vede la presenza dell’Argentina di Maradona, Campione in carica, l’Unione Sovietica e la temibile Romania. Ma quando, nella gara di apertura del torneo, un gol di Omam-Biyik a San Siro stende l’Albiceleste, i pronostici degli addetti ai lavori vanno amenamente a farsi friggere…

Nella seconda gara, a Bari, i “Leoni indomabili” affrontano la Romania. Gli europei sono nettamente più forti, e lo dimostrano nel primo tempo, cingendo d’assedio l’area camerunense. A tenere in equilibrio il match ci pensa un portiere straordinario, Thomas N’Kono. In Toscana, un ragazzino di nome Gianluigi (ma che tutti chiamano Gigi), vedendo le gesta dell’africano decide che da oggi in poi giocherà tra i pali: meglio così, perché nel 2006 ci porterà a vincere un Mondiale

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Ma torniamo a quel 14 giugno 1990. Nella ripresa il Camerun manda in campo questo numero 9 già parecchio in là con gli anni, che ha giocato per diversi anni in Francia, girando come una trottola tra  Valenciennes, il Principato di Monaco, la Corsica, Saint-Etienne e Montpellier. Si chiama appunto Roger Milla, e appare tutt’altro che in forma: già è bassino, ma ha pure la pancia! Dove vuoi che vada, così conciato? Il fatto è che lui SI ERA RITIRATO. Aveva smesso di giocare al calcio, due anni prima aveva anche disputato la partita d’addio con la Nazionale!

E allora come diavolo è arrivato qui a Bari?

Qualche mese prima, gli ha telefonato il Presidente del Camerun, Paul Biya (per la cronaca: tuttora in carica, dal 6 novembre 1982).
-Roger, devi guidarci ai prossimi Mondiali!-.
-Presidente, sono onorato delle sue parole, però…-.
Tanti soldi, Roger-.
-Ah. Eh, beh… Così cambia tutto-.
-E ti farò anche Ministro dello Sport-.
-Quando partiamo, Presidente?-.

Ecco, diciamo che per sommi capi è andata più o meno così. Quindi eccolo là, in campo per una mezz’ora. Dopo diciotto minuti dal suo ingresso, vince un contrasto aereo con Andone al limite dell’area, prende la mira e con il sinistro trafigge Lung. Camerun in vantaggioMilla corre verso la bandierina del calcio d’angolo e si lancia in una danza allo stesso tempo ridicola e irresistibile: scuote le chiappe e sorride con quel buco tra i denti che non può non fartelo adorare. Il suo ballo sa di allegria e libertà, e anche se può sembrar strano è quanto di più lontano dalle esultanze studiate a tavolino che hanno ormai invaso i campi da calcio al giorno d’oggi. È stata l’ispirazione di un istante di gioia, ma diventa il suo marchio di fabbrica.

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Sì, perché dieci minuti dopo, il 38enne tarchiatello e senza un dente raddoppia, e stavolta segna un gol da bomber vero: sposta il pallone con il sinistro bevendosi un difensore, quindi di destro spara un missile che si insacca all’incrocio dei pali. Due tocchi, come in occasione della prima rete: tanto basta a mandare in delirio un’intera Nazione. Perché la gara termina 2-1, e il Camerun è la prima squadra africana in assoluto a raggiungere gli ottavi di finale in una Coppa del Mondo.

I “Leoni indomabili” si trovano di fronte la Colombia, squadra temibile, che in campo è guidata dal sapiente cervello (nascosto sotto la chioma afro bionda) di Carlos Valderrama. I “Cafeteros” stanno sfornando un gran numero di talenti, la generazione che emerge in quegli anni sembra esser stata baciata dagli Dèi del calcio. Milla e soci non sembrano avere speranze di passare il turno. I 90 minuti regolamentari al San Paolo di Napoli si chiudono sullo 0-0. Poche, pochissime, le occasioni da gol. Più di qualcuno sugli spalti si è candidamente abbandonato alle braccia di Morfeo. Anche stavolta, Roger parte dalla panchina: l’allenatore, il russo Valerij Nepomnjaščij decide di inserirlo solo quando l’ipotesi dell’extra-time è concreta.

Appena iniziato il secondo tempo supplementare, Milla riceve palla da Omam-Biyik: con uno stop a seguire supera il primo avversario e si trova di fronte Andrés Escobar, che quattro anni più tardi verrà assassinato per un maledetto autogol ai Mondiali statunitensi. Lo salta di netto, evitando la sua scivolata, e con il piattone sinistro fulmina il riccioluto René Higuita. Il Camerun è avanti ad un quarto d’ora dal termine. Il numero nove è fuori di sé dalla gioia: si lancia verso la bandierina ed inscena, per la terza volta in nove giorni, quel balletto che venti anni dopo riprenderà anche la Coca-Cola per un celebre spot. Mano destra in aria, sinistra sulla pancia, goffo movimento di bacino e poi gli sono tutti addosso, compagni, magazzinieri e massaggiatori.

I Leoni hanno fiutato la paura della preda, perciò decidono di approfittarne, con la partecipazione straordinaria del portiere colombiano Higuita. L’estremo difensore esce dall’area per raccogliere un rilancio alla “viva il parroco” di un difensore africano, ma su di lui si lanciano due famelici uomini in maglia verde. Uno è Milla, che approfitta del controllo difettoso di Higuita e gli soffia il pallone, per poi depositarlo in rete. Sugli spalti del San Paolo è un’esplosione di colori e gioia. E di Makossa, ovviamente. Adesso tutti l’hanno imparata, e si lanciano in questa danza insieme al loro beniamino, che li conduce ai quarti di finale contro l’Inghilterra.

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Napoli si è ormai affezionata a questi improbabili ma spietati calciatori arrivati da uno Stato che si affaccia sul golfo di Guinea. Ci vorranno venti anni esatti prima che un’altra squadra dell’Africa Nera riesca a replicare un’impresa del genere. Contro coloro che si fregiano di aver inventato il calcio, infatti, il Camerun sarà ad un passo dalla vittoria, e solo due rigori regaleranno all’Inghilterra il passaggio del turno meno meritato della sua storia.

Eppure, chiedete a chiunque abbia più di trentacinque anni di ripensare a quelle “Notti Magiche”. Chiedetegli la prima cosa che viene loro in mente a proposito di Italia ’90. Se è italiano, vi risponderà: “gli occhi spiritati di Schillaci dopo ogni gol”. Se è tedesco, dirà: “il rigore di Brehme all’ 85° minuto della finale”.

Nel resto del mondo, invece, sorrideranno di gusto e – a prescindere dalla loro lingua madre – esclameranno: “Milla! Milla! Makossa!”. Porteranno la mano destra in aria, la sinistra sulla pancia e scuoteranno un po’ il culo. In onore di uno che, a trentott’anni suonati, guidò il Camerun ai quarti di finale di una Coppa del Mondo. E scusate se è poco.


Lorenzo Latini

Giornalista per vocazione, scrittore per necessità dell’anima, sognatore di universi paralleli, non ha mai ceduto alla realtà. Nostalgico all’ultimo stadio, posseduto dal “Sehnsucht” Romantico, pessimista cosmico e permaloso cronico; ritiene che i Rolling Stones, la Roma e la pastasciutta siano le cose fondamentali per cui valga la pena vivere.

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