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Intervista “disordinata nel cassetto interno” di Paolo Barretta


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Ciao Paolo, visto che non so chi sei e conosco le tue fotografie, fotografa un oggetto che ti rappresenta e spiegami perchè proprio quello.
Ciao! E’ davvero un piacere partecipare a questa intervista. Un oggetto che mi rappresenta? Guarda, devo dirti di non averne molti che possano rappresentarmi. Ciò in cui mi riconosco, ciò che “mi rappresenta” è più un’idea, o un concetto. Probabilmente, però, l’unico oggetto esistente nel rappresentarmi (oltre, chiaramente, la macchina fotografica) è il pianoforte. Sono cresciuto e mi sono formato dando alla musica un valore incredibilmente alto in quanto forma artistica più potente e completa di tutte, grazie anche al fatto di essere stato abituato fin da bambino nel vedere mio padre e mio fratello suonarlo ininterrottamente. Credo che la musica, esattamente come tante altre discipline, sia una predisposizione naturale, un qualcosa che ‘hai o non hai’ e per quanto io possa mai sforzarmi di alimentare la mia intelligenza matematica (che CHIARAMENTE non ho perché con i numeri sono una capra) non potrei mai arrivare ai livelli di chi nasce con tale predisposizione. In ogni caso, ho scelto il pianoforte in quanto ricordo che da sempre sia il mio più grande modo per evadere e sentirmi lucidamente presente in ciò che scrivo.

Foto oggetto

22 anni, solo 76 foto sul tuo stream di flickr ma penso che la quantità non sia sintomo di qualità, perciò oggi mi fido di quello che vedo, molto talento, e una visione precisa sul mondo, in che direzione stai andando? E quale non vorresti prendere nella vita e perchè?
Ti ringrazio moltissimo, è davvero importante per me che arrivi anche in minima parte ciò che voglio comunicare agli altri, forse proprio perché prima di tutto è ciò che voglio comunicare a me stesso. Mi piacerebbe davvero tanto poterti dire in che direzione io stia andando e per quanto comprenderlo sia ancora il mio più grande scopo, ancora non ne sono a conoscenza. Non completamente. Posso dirti che sicuramente mi muovo, in tante direzione confuse, alla ricerca di qualcosa che mi faccia sentire a casa, soddisfatto di ciò che sono stato, soddisfatto e in pace con ciò che sono ora. Posso però dirti dove non sto andando e dove non vorrei mai andare: Non vorrei mai arrivare in un punto tale da smettere di sentire ciò che mi circonda. Ciò che più mi spaventa è la rassegnazione di non essere abbastanza per questo mondo, o forse, che il mondo di ora, non sia più all’altezza dei nostri sogni. Ecco, ritrovarmi a vivere con rituale ripetizione le mie sensazioni è ciò che più mi terrorizza.

C’è qualcosa che ti influenza più di tutto, nei tuoi scatti, nei tuoi pensieri, nei sogni che fai?
Sono ispirato continuamente da ciò che sento, specialmente quando in determinati periodi mi ritrovo più isolato e vicino a me stesso rispetto ad altri in cui magari cerco di tenermene alla larga e vivere la quotidianità con più leggerezza. Ho sempre avuto questo dualismo, una coesione perfetta tra la solitudine interiore e quei brevi e illogici momenti di felicità priva di cognizione. leggermente pazzo, forse ahah. Ciò che mi influenza lo ritrovo un po’ nelle mie radici: il mare, una nota sbagliata, un viaggio a ritroso.

Quanto c’è di te nelle tue foto, cosa vuoi raccontare?
Ti dirò la verità, fino ad un annetto fa non c’era poi così tanto di me nei miei scatti. Cercavo di inseguire uno stile fotografico che per quanto mi piacesse per rigori estetici, non mi dava nulla, nulla che restasse. Ora, nei miei scatti c’è davvero tanto di me, e nella fotografia come in tutte le espressioni artistiche vige solo una regola: l’evoluzione viene dalle esperienze. Nell’ultimo anno ho vissuto un cambiamento interiore per me destabilizzante, un po’ come se la persona che sono stato per qualche anno fosse finalmente andata via e sia potuto tornare il ragazzo di una volta, l’amico di una volta, il me di una volta ma con tanta consapevolezza in più. In ciò che scatto cerco di comunicare il mix di emozioni che ho mescolate in maniera disordinata nel cassetto interno che tutti abbiamo, solo che ad alcuni è più difficile chiuderlo. Tra queste il senso di perdita, un vuoto cosmico, senso di macabra inquietudine, ma anche pace con se stessi, simbiosi con la natura, e forse, in fondo (e proprio in fondo) anche un po’ di amore. Insomma… Coerente, come me.

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Cosa invece non racconti a te stesso?
Probabilmente la paura. Molte volte per fare un passo ho bisogno di tanta, troppa stancante riflessione perché tendenzialmente la paura del fallimento nella mia psicologia è sempre stata dietro l’angolo ad osservare pazientemente tutte le mie mosse. Molte volte, come in questo periodo, preferisco stare fermo, inerme, senza andare in direzione alcuna solo perché è più facile. Sto lavorando duramente per migliorare questo aspetto di me, la fotografia mi aiuta, come la musica.
E il vino ahah.

A cosa pensi quando scatti, se pensi oppure fai scelte istintive, sul momento, come funziona la fotografia per te?
L’unica cosa che ricordo perfettamente da sempre è che ho sempre creato immagini in testa. Immagini, frame di situazioni atipiche. Tempo fa scattavo per progetti: davo un tema, sviluppavo l’idea e cercavo di portarlo a termine nel miglior modo possibile rispettando i giusti canoni della composizione e dell’estetismo più ricercato. Ora, non dico di essere l’opposto perché una ricerca estetica c’è sempre, ma quasi. Ora ascolto molto di più le immagini che mi si presentano in mente come dei flash, quasi come se immaginassi frame cinematografici e avessi l’irrefrenabile bisogno psicofisico di realizzarli, esattamente come quando devi fumarti una sigaretta dopo i pasti. Molto spesso ricorro all’autoritratto, che non è per presunzione come si può facilmente immaginare. Più che altro è il modo più veloce di cui dispongo per portare a termine una parte delle mie idee.

Come ti fa sentire invece guardare le foto che scattano gli altri, se le guardi, cosa ne pensi, se pensi che ci sia una tendenza, e in quale direzione si vada.
Ho sempre adorato guardare foto altrui, ma non so dirti il motivo, non l’ho mai fatto assiduamente, anzi, ricordo di periodi lunghi mesi e mesi in cui nemmeno mi interessasse. Tendenzialmente però si, ci sono volte in cui guardo una determinata immagine e vorrei averla scattata io, una cosa che penso capiti un po’ a tutti. Per quanto riguarda la questione delle tendenze, si, devo dirti che penso ci sia una tendenza, come c’è sempre stata ogni nuovo periodo. Le tendenze sono ovunque, in qualunque campo, da sempre. Cambiano come le stagioni e di solito le persone le seguono silenziosamente, come è capitato anche a me in passato. Seguire qualcosa può essere formativo, ma bisogna poi arrivare ad un distacco. Credo che questo sia il periodo “dell’intimità rubata”, di quel genere fotografico personale con una palette cromatica dal sapore anni 90. E’ impossibile non essere ispirati e prendere spunto di qua e di là, ma penso che non bisognerebbe mai omologarsi al resto del mondo in quanto l’individualità è molto importante, specialmente nel periodo storico in cui viviamo, dove l’individualità è celata sotto cumuli di bei vestiti ed essere alternativi è davvero rimanere se stessi.

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La tua giornata tipo.
Questa è la domanda più difficile di tutte, finora. Beh dipende da tanti fattori: se nel periodo in questione ho un lavoro da portare a termine, se ho progetti, ma soprattutto, come mi trovo emotivamente. Mi condizionano moltissimo i sogni, e capita spesso di svegliarmi già nervoso. Tendenzialmente la mia giornata tipo può variare da (in questo periodo rare) situazioni in cui sto sempre fuori, ho progetti personali e magari anche un lavoro.. a giornate in cui resto barricato in casa con il mio bicchiere di vino a suonare per ore, ascoltare musica, invitare qualche persona intima per una chiacchiera vera, senza aver bisogno di censurarmi. Purtroppo trovare un lavoro stabile in fotografia è molto complesso, ragion per cui quando arriva un’occupazione tipo, che sia anche per un paio di mesi, la considero con particolare attenzione. In ogni caso sto ancora aspettando il momento in cui la mia giornata tipo sarà aprire la porta di casa e trovarmi una bella busta nera con un milione di euro dentro, ma ahimè, non capita.

Il tuo colore preferito, il tuo piatto preferito e se hai una frase che ripeti spesso
I miei colori preferiti sono tutti i colori della terra, la graduazione dal grigio ai marroni. E il nero. Il mio piatto preferito (da sempre e per sempre) è la pasta con zucchine e gamberi, e la frase che ripeto spesso se posso dirla è “che vita di merda”.
Per rimanere in tema.

Quali sono i tuoi progetti futuri? Un sogno nel cassetto da realizzare?
Ok, di progetti futuri ce ne sono e spero davvero tanto di riuscire a realizzarmi, anche in minima parte. Sto prendendo in considerazione l’idea di trasferirmi in una città molto viva dal punto di vista artistico come Bologna, e con calma, cercherò di muovermi il più lontano possibile. Il sogno nel cassetto da realizzare è vedere l’aurora boreale.

Dopo tutte queste domande arriva la parte che più mi spaventa, chiedo a te di farmi una domanda, così diciamo che siamo pari :) avanti, chiedi pure.
– Sei felice?
La felicità la trovi dentro te e ci sono dei giorni in cui i pensieri e le problematiche da risolvere lasciano indietro la felicità, ma di base, di fondo, sono una persona serena, che cerca la tranquillità, in questo stato di oasi riesco ad essere felice, a non avere pensieri negativi che mi allontanano dalla gioia.

Ultima richiesta: un film che hai adorato, una canzone che non riesci a togliere dalla testa, un fotografo che vorresti consigliarci, un viaggio che vorresti fare, una canzone da ascoltare in loop.
Film che ho adorato, uno tra tanti è sicuramente The Tree Of Life di Terrence Malick. Una canzone che non riesco a togliermi dalla testa in questo preciso periodo è “Loveless” dei Lo Moon. Un fotografo che vi consiglio è Giuseppe Palmisano (io sono pipo) e una canzone da ascoltare in loop “Death With Dignitiy” di Sufjan Stevens.

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Giuliana Massaro

Giuliana Massaro, 26 anni, studentessa di lettere moderne da un po', lunatica da sempre. Penso troppo, parlo poco, faccio foto.

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