READING

A colpi di luce 2.0: Andrea Quarantotto

A colpi di luce 2.0: Andrea Quarantotto



Oggi torniamo in Italia con Andrea Quarantotto. L’ ho conosciuto di persona la scorsa primavera e già allora mi aveva affascinata molto con i suoi modi di fare e le sue teorie sulla fotografia e sulla moda; ora mi tolgo uno sfizio intervistandolo per Organiconcrete.

Ciao Andrea! iniziamo con la contestualizzazione.. so che fai mille cose (tra cui gestire un magazine che adoro).. che posto occupa la fotografia nella tua vita?
La fotografia occupa uno spazio “importante” nella mia vita, come Art Director e Editor in Chief della rivista di fotografia a cui hai accennato (che si chiama Up-and-Coming Style per chi non lo sapesse e ti ringrazio dei complimenti). Quindi direi che adesso la fotografia per me è una materia di studio e di ricerca a tempo pieno, più che da mestierante della fotografia. In questo periodo scatto molto con la mia compatta analogica (una Yashica T4) che porto sempre con me, e fotografo solo quando mi colpisce qualcosa. Non amo in questo periodo della mia vita lavorare su commissione, mi sento uno spirito libero.

Mi ricordo che quando ci siamo incontrati mi aveva colpito il modo in cui usavi la parola “distruggere”, ma non ricordo l’ oggetto del discorso.. distruggere cosa?
Distruggere la “rigidità” che ruota attorno al mondo della fotografia. Tutta quella falsa accademia, piena di falsi maestri che occupano le cattedre, le strade e gli studi fotografici. Personalmente, tendo a “distruggere” la tridimensionalità, le ombre e l’iperrealismo nelle mie fotografie, poiché sono quelle caratteristiche che odio, e che invece l’accademia cerca di inculcarti. Bisogna ricreare una distanza tra l’opera e colui che la vede. E’ soltanto con un risultato più bidimensionale che si ritorna a un discorso più metafisico e meno vicino alla realtà.

Sei uno dei pochi che mi fa venire voglia di scattare in digitale.. cos’ ha secondo te in più dell’ analogico? (se credi che abbia qualcosa in più)
Ti ringrazio, e mi colpisce quello che mi hai detto. Per me scattare in digitale comporta avere una maggiore impegno, consapevolezza del mezzo e della fase di post-produzione, poiché il grezzo che ti propone, come ben sai, fa schifo. Andy Warhol, forse adesso userebbe una digitale per ricreare le sue opere; anziché intossicarsi con la serigrafia, cercherebbe di ottenere dei risultati con i software più moderni in circolazione, che ti danno infinite combinazioni; da perderci la testa credimi. I miei lavori più ambiziosi sono appunto stati scattati con la digitale.

Parliamo un po’ della tua vita (nonostante tu sia ancora molto giovane).. hai studiato moda, giusto? come sei arrivato da quella alla fotografia (e grafica)? e cosa pensi di fare ora?
I miei primi passi li ho fatti in un corso del Polimoda a Firenze, che si chiamava “Cool Hunting” (rappresenta uno strumento del marketing, esploso tra la fine del XX secolo e l’inizio del XXI secolo, che si occupa dell’osservazione delle tendenze e dei modelli culturali che si stanno formando o evolvendo nei media, nella moda e più in generale nelle pratiche quotidiane degli attori sociali). L’ho fatto perché ero molto affascinato dall’universo Moda, ma non capivo effettivamente cosa mi spingeva a farlo. Ora ho tutto chiaro: erano le campagne pubblicitarie che di in tanto in tanto vedevo nelle riviste di Moda di Jeurgen Teller e Terry Richardson ad avermi trascinato fin li, e manco sapevo chi fossero a quei tempi, ma mi erano davanti agli occhi. E’ stato un attrazione inconscia.

Toglimi una curiosità.. le tue foto spesso sono accostate ad una parte di grafica consistente e, a mio parere, molto originale.. da dove parte l’ ispirazione per ciò che vai a creare?
Andy Wharol mi ha molto influenzato molto. E pure Ed Ruscha, con i suoi testi iconografici.
Con il mio intervento grafico, cerco di ricreare un universo Hauntology, termine coniato dal filosofo Derrida, che dice che la metafisica, ogni volta che cerca di fissare un principio primo (o ultimo) della realtà, rimuove certe cose. Il problema è che queste cose, come in un esorcismo andato male, ritornano. Queste cose che ritornano assomigliano a dei revenants, a dei fantasmi. Sono come una memoria nascosta, una cache del computer o dei lapsus. E’ una specie di ontologia del fantasma. Non c’è ontologia senza fantasma, non ci sono le “cose” senza che ci siano anche degli spettri che continuano a infestarle. rievoco spettri del passato fondamentalmente con la mia grafica. Nella musica per farti un esempio è già formalizzata come espressione artistica, in generi come la Chillwave, Glo-Fi, Hypnagogic Pop o la stessa Hauntology Music.

Toglimi un’ altra curiosità.. quando inizi uno shooting, fin dove tutto è programmato? insomma, sei un perfezionista che organizza anche l’ elemento caotico oppure lasci al caso alcune cose?
L’unica cosa che scelgo prima dello shooting è la modella. E in un secondo momento la location. Poi lascio tutto al caso, durante gli scatti. Non penso a nessuna posa, a nessuna situazione prima del set, improvviso sul momento. Perché altrimenti risulterebbe finto e artefatto il risultato con una costruzione preventiva, a parer mio.

Sbirciando sul tuo profilo facebook ho trovato questo status: “Odio la moda, perchè al 95% fa schifo.”. Come ti è venuto in mente allora di mettere su un magazine incentrato, appunto, sulla moda?
La prima parte è una provocazione, e vedo che ha avuto i suoi frutti (ahah), però è vero che la moda al 95% per me è inutile e imbarazzante. Ma il restante 5% è magnifica e la rende ancora più affascinante, se la scopri. Ed è quella che è riuscita a incrementare la creatività nella fotografia.

Sempre sbirciando su facebook mi sembra di capire che sei molto sicuro di te stesso.. è vero?
Di me stesso è una parola grossa forse. Sono sicuro di quello che faccio. Ci credo, e credo di impegnarmi nel migliore dei modi per approfondirmi. Però mi faccio tante domande. Forse è questo a darmi sicurezza, che mi guardo dentro in continuazione e so che non rischio di scivolare in un burrone.

E’ arrivato il momento dei saluti.. nella scorsa intervista ho cercato di tirare fuori un pettegolezzo a Philippe ma invano.. tu che sei più giovane ce lo racconti qualcosa di divertente su di te?
Non so se sono cose divertenti, ma le dirò lo stesso: Che a 18 anni volevo fare a tutti costi il sindacalista e lottare per le classi più deboli. Pare paradossale se uno ci pensa a posteriori (oddio ahah), poiché adesso mi trovo in un campo estramente elitario e da privilegiati.
E che tra una rivista d’Arte e l’altra leggo la Gazzetta dello Sport e seguo tantissimo il calcio, quanto l’arte. Trovo sia divertente, captare questi lato di me, perché uno non lo direbbe mai se mi vede esternamente.

Ringrazio Andrea e vi invito a visitare il suo sito internet: http://www.andreaquarantotto.com/
e quello di up-and-coming style, il magazine da lui diretto: http://www.upandcomingstyle.com/

 


Giulia Bersani

Sognatrice irrimediabile con il vizio della fotografia

Commenti

commenti


RELATED POST