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A colpi di matita 2.0: Cecilia Campironi

A colpi di matita 2.0: Cecilia Campironi


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Il mio nome è Cecilia, vivo, lavoro e amo a Roma. Per professione disegno e faccio disegnare, invento, e condivido tutto quello che immagino.

Come hai imparato a “disegnare”?
Una volta, vedendo che un mio ritratto somigliava veramente alla persona reale, mi dissero “ ma allora sai davvero disegnare!”.
Per farlo ci vuole un grande spirito di osservazione, precisione, attenzione ed un buon maestro. Tutto questo l’ho imparato frequentando lo IED di Roma, dove sono approdata anni fa dopo un percorso di studi classici. Lì per prima cosa ho scoperto le regole basilari per riuscire a riprodurre le cose così come sono. Mi si è aperto un modo intero, la mia mano destra e i miei occhi hanno acquisito la sicurezza necessaria per poter dire “so disegnare”.
Questo però ovviamente non basta, non serve solo saper disegnare per fare illustrazione, anzi. In quegli anni, una volta imparato come si disegnava una mano, ho dovuto dimenticarlo per far si che i miei non fossero solo disegni belli, ma che comunicassero qualcosa. Allora ho coltivato il più possibile il talento, la creatività e il mio punto di vista personale.
I miei primissimi istinti ovviamente risalgono all’infanzia in cui però, il più delle volte, a tutti piace disegnare. Crescendo poi le cose cambiano, ma non lo è stato per me.
Verso i 12 anni, ho recuperato la mia vocazione per il disegno, più precisamente appassionandomi al fumetto di Dylan Dog (unico fumetto che ho mai letto e collezionato) dal quale copiavo fedelmente copertine e tavole.

24 ore, qual è la TUA ora e perché?
Personalmente mi considero un pigro animale diurno, mi piace dormire ma preferisco farlo di notte, più precisamente con il buio. Il sole è decisamente la mia più grande fonte di energia, quindi se devo pensare alla mia ora direi le 12, mezzogiorno. L’ora in cui il sole è nel punto più alto del cielo e la mia attività fisica e mentale è di conseguenza al suo massimo livello.

Immagina un foglio bianco, qual è il processo creativo che segui?
Mamma mia! Odio i fogli bianchi! Soprattutto se quadrati. Mi basta farci anche solo una riga con la matita o dargli una forma irregolare che già mi sento meglio e non c’è cosa peggiore che un cliente mi possa dire di “fai quello che vuoi”, mi disorienta.
Per deformazione professionale inizio a idealizzare un’immagine partendo sempre da un’idea, uno spunto qualsiasi, che sia anche una macchia che mi ricorda qualcosa o un concetto da rappresentare.
Il mio primissimo passo è il vocabolario dei sinonimi e dei contrari, studio sempre una cosa quando la devo disegnare.
Raccolgo più informazioni possibili, visive e di contenuto e poi il resto viene da se’. E’ difficile poi che mi venga sempre una sola idea, quindi butto giù diverse bozze (molto brutte) per poi riprenderne una e lavorarci su per diverse ore.

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Solitamente disegni prima su carta oppure elabori tutto direttamente su pc?
Sempre e comunque prima carta e grafite. Disegno, scansiono ed elaboro al computer. Per motivi pratici mi sono dovuta adattare al digitale, ma anche se con la penna grafica riesco a simulare bene l’effetto imperfetto del “fatto a mano”, sono decisamente una disegnatrice analogica.
Come si fa a rinunciare a mettere le mani in pasta? Se per i lavori su commissione uso il digitale, mi sfogo poi con l’incisione che pratico insieme alle mie colleghe di Studio Arturo, dipingo e poi ci sono i bambini. Quando lavoro con loro, torno indietro nel tempo e mi godo lo spettacolo della scoperta del disegno.

Momento marzullesco: fatti una domanda e datti una risposta
Direi la domanda che mi faccio ogni mattina: “Che devo fare oggi?” “Non mi ricordo Cecì, leggi sul post it!”

Un illustratore che ci consigli di tener d’occhio?
Uno? So che non si risponde alle domande con altre domande ma scommetto che molti altri illustratori che hai intervistato ti hanno risposto così☺
Quindi vado per antipodi. Tre illustratrici e amiche con cui ho lavorato strettamente in questi ultimi 7 anni, Elena Campa, Bernadette Moens e Amalia Caratozzolo.
E uno degli illustratori italiani del passato che mi emozionano di più, Luzzati.

Final bonus question: Oggi più che una domanda bonus ispirata dai tuoi lavori vorrei proporti un gioco: immagina di stare in una stanza buia con le tue opere appese al muro, e senza la possibilità di accendere la luce o di aprire finestre….
Come racconteresti i tuoi lavori?
Questa è una domanda interessante (Cit.)
I miei lavori sono sempre appesi in una stanza buia, lo sono ancora prima di essere realizzati. Quella stanza buia è la mia testa, dove nessuno, per forza di cose, può vedere, ma i disegni sono tutti là, passati e futuri.
E’ complesso parlare di immagini con le parole, la forza delle immagini risiede proprio nel fatto che descrivono quello che le parole non dicono.
Tu però mi chiedi di raccontarle, non di descriverle, è questa la cosa interessante.
Racconterei quindi la loro storia, chi sono, come sono nate, dove vanno.
Racconterei che quell’albero lì ne ha passate di tante, ecco perchè è così grande e ben radicato, ha vissuto più lui di me. E direi che quella donna ha dentro un segreto, perchè i suoi occhi sono coperti sì, ma vede dove gli altri non possono vedere; e che in quel porto di mare non approdano navi ma la fine di ogni storia.
Se poi mi proponessero realmente di esporre in una stanza buia, realizzerei ad hoc una collezione di immagini da toccare, quanto mi piacerebbe!
“Vietato non toccare!” diceva Munari.

Ringraziamo Cecilia per la sua disponibilità e vi invitiamo a visitare il suo sito: http://ceciliacampironi.com/illustrazione

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Marta Latini

Mi chiamo mARTa e nel mio nome è racchiusa una parte del mio mondo...amo la danza, il design, l'architettura, la pittura, il didò e adoro le bambole di pezza; ma non sono nè una ballerina, nè un ingegnere, nè un architetto, nè una pittrice, nè tantomeno una scultrice...

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