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A colpi di luce 2.0: Luigi Cecconi

A colpi di luce 2.0: Luigi Cecconi


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Ciao Luigi, parlaci un po’ di te per iniziare, chi sei, dove vivi, da quanto tempo fotografi e come hai iniziato.
Sono un fotografo che vive e lavora a Roma. Fotografo da circa 8 anni e il percorso che mi ha rivelato la fotografia è stato piuttosto curioso. Durante la mia esperienza come Sommelier ho iniziato ad essere attratto dalle immagini delle riviste del settore. Ho acquistato una piccola fotocamera ed ho iniziato a divertirmi con degli still life, ma quasi subito ho intuito che poteva essere uno strumento ideale per esprimermi. Ho frequentato un master alla Scuola Romana di Fotografia e subito dopo, insieme ad amici e colleghi dello stesso corso, abbiamo deciso di continuare insieme il percorso ed abbiamo creato l’Associazione 001, dove oggi lavoro.

Ho letto di te, nella presentazione del progetto “fragments”, che hai cercato di dare unità ai ricordi della tua infanzia e tramite questi poter vedere la realtà, i tuoi rifiuti e quesiti, ma in particolare nella ricerca di te stesso, in che modo la fotografia ti aiuta in questo percorso?
Fragments è stato un progetto di oltre 3 anni, durante il quale ho potuto ricostruire il mio passato rifiutato. La mia famiglia ha avuto delle dinamiche molto particolari ma grazie alla fotografia ho potuto riavvicinare i miei familiari con meno paura e sono riuscito a guardarli e guardarmi. Avevo dimenticato la mia infanzia, ma mi resi conto che senza di essa non potevo costruire un futuro.

I tuoi progetti fotografici si sviluppano su temi sociali, luoghi abbandonati diventati rifugio per famiglie senza casa e clochard romani, solo sul progetto “Linus” non ho trovato spiegazioni o didascalie, come è nato questo progetto e che ricordi hai?
Linus è un percorso di un gruppo di ragazzi con differenti disabilità che affrontano la preparazione di uno spettacolo teatrale. La mia famiglia è molto attiva nel sociale e sono cresciuto praticamente spalla a spalla con persone diversamente abili. All’epoca ero agli inizi e ancora non avevo una identità come fotografo ben definita ma conservo un grande ricordo di loro.

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Come è nata la scelta di fotografare persone che non hanno una vita facile, spesso al limite?
Ogni progetto per me ha una motivazione personale e delle radici, cerco sempre nelle mie esperienze, nelle mie emozioni o nei miei traumi la giusta ispirazione. Nei miei progetti a volte racconto storie di altre persone, ma allo stesso tempo racconto anche la mia. Nei progetti “129” e  “Il mio lavoro è l’elemosina” accade proprio questo. Sono persone vicine a me, e mi hanno offerto delle opportunità di crescita. Passare il tempo con le famiglie del Porto Fluviale ha rievocato alcuni momenti della mia infanzia, quando in difficoltà mia madre cercava la giusta sistemazione. Passare del tempo con i clochard per me aveva un profondo significato e valore. Era come stare con mio padre. Conoscendo loro ho potuto conoscere mio padre che viveva la stessa sorte.

Hai avuto molti riconoscimenti nel tuo percorso fotografico, pensi che in Italia ci sia spazio per i fotografi che documentano e “denunciano” il degrado del nostro paese?
Il momento non è favorevole di certo. L’editoria è in crisi ormai da tempo e trovare spazio ed opportunità non è facile. Credo comunque che le opportunità ci siano, basta saperle cogliere o inventarne di nuove.

Ho notato anche degli scatti in analogico, nessuno abbandona mai questo mezzo, tu cosa provi quando scatti?
Quando scatto mi sento semplicemente e libero ed eccitato. Negli ultimi tempi produco molto in pellicola. Per me scattare è un atto solenne, in particolare ora che è un momentoo di massificazione e ci sono davvero troppe fotografie.

A cosa stai lavorando adesso? Hai progetti futuri?
Ho appena concluso un lavoro durato quasi 5 anni, il tema indagato è l’interruzione di gravidanza volontaria. Non l’accadimento concreto, letterale, ma il sedimento della schiuma e dei relitti che lascia sulla spiaggia l’onda anomala di quella tempesta. Progetti futuri ce ne sono, ma è prematuro parlarne.

L’intervista è finita, hai qualche autore, artista, che vorresti consigliarci?
Senza ombra di dubbio Gabriele Savanelli, lo invidio.

Ringraziamo Luigi per averci concesso l’intervista, qui i suoi lavori: http://www.luigicecconi.com/

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Giuliana Massaro

Giuliana Massaro, 26 anni, studentessa di lettere moderne da un po', lunatica da sempre. Penso troppo, parlo poco, faccio foto.

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