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Tuesday Poison: Intervista a Sabrina Dan

Tuesday Poison: Intervista a Sabrina Dan


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Sabrina Dan è un ponte tra diversi mondi e realtà. E’un’artista in continuo mutamento. Curiosa, amante della sperimentazione ma con una voglia atavica di far crescere la propria esperienza anche sotto il profilo tecnico. Da un italo finlandese come lei, figlia di due culture così lontane tra loro,nasce un’arte complessa,  tutta in divenire e mai paga dei traguardi raggiunti. Da questi presupposti così densi di aspettative, nascono le sue creazioni artistiche. Dipinti pop surrealisti di figure prevalentemente femminili, quasi autoritratti involontari, immersi in un mondo immaginario. Un sogno quantico, una realtà da ricodificare che prende nuovi significati. Tutti spunti tratti da letture, esperienze personali, e tanto, tanto, lavoro.

Sabrina Dan, classe 1987, lavora a Roma, nella  studio di pittura e scultura della zio,  lo scultore Bruno Melappioni, nel quartiere di San Lorenzo. Il suo approccio all’arte è trasversale. Comincia come musicista, chitarrista punk per la precisione, prosegue come scrittrice e poi approda alla pittura, solo quattro anni fa. Indubbia l’attitudine a quest’arte, anche come autodidatta. Ma il suo temperamento e la voglia di esprimersi a livelli sempre più elevati, la stanno portando ad aumentare il suo background tecnico giorno dopo giorno.

YOU KNOW NOTHING ABOUT THE WAR_oil on canvas_35x29 Sabrina Dan 4

Ci siamo fatti una bella chiacchierata con lei e questo è quello che è venuto fuori:

Nella tua produzione artistica c’è dell’accademia oppure si tratta di capacità innate e  improvvisazione?
Non ho mai studiato pittura né disegno, con mio profondo rincrescimento. Ho dedicato parecchi anni allo studio della musica, perché credevo onestamente che quella fosse la mia strada. Ad un tratto però ho aperto gli occhi e ho accettato sia i miei limiti, sia quelli della società odierna dove credo avere successo in campo musicale sia ancora più difficile, se possibile, di quanto lo sia in campo artistico. Questa presa di coscienza ha coinciso fortunatamente con i miei primi esperimenti con la pittura. Ho iniziato lavorando presso lo studio di mio zio a San Lorenzo, e lui più che insegnarmi la tecnica mi ha dato la libertà di sperimentare ed esprimermi.
Col tempo però ho visto da vicino un altro approccio all’arte, quello più professionale e tecnico. Non sono necessariamente un’amante del tecnicismo, credo anzi che spesso impedisca una sana e libera espressione personale, ma credo moltissimo nella tecnica e nel conoscere i proprio strumenti. Quando scatti fotografie devi conoscere la tua macchina da capo a fondo per ottenere esattamente quello che avevi in mente. Devi conoscere a fondo il motore di una macchina. Allo stesso modo devi conoscere anche gli strumenti del tuo lavoro, che nel mio caso sono pennelli, colori e tele.
Non è concepibile limitarsi per una questione di mancanza di conoscenze. Oggigiorno tramite internet ci si può formare in moltissimi campi con un po’ di tempo e della semplice curiosità.

Le tue origini finlandesi ti hanno portato a fare dei paragoni tra l’approccio artistico italiano e quello della Finlandia. Raccontaci le tue impressioni sulle due scuole e dicci come vorresti farle interagire e convivere all’interno della tua arte.
Quello che ho notato in Finlandia è un grandissimo valore dato all’arte e ai giovani che vogliono diventare artisti. Ci sono moltissime accademie, il governo stanzia fondi in continuazione, ci sono residenze d’artista e appartamenti a prezzi più bassi per permettere ai giovani di vivere e lavorare.
Non mi piace parlare di quello che faccio strettamente come di Pop Surrealismo, anche se è perfettamente assimilabile al genere, ma nello specifico questa corrente è quasi sconosciuta in Finlandia, e questo ha permesso anche alle mie opere di ottenere un’attenzione e un risalto particolari. In Finlandia gli artisti sono prettamente moderni, contemporanei e concettuali.
C’è molta sperimentazione, un livello altissimo, forse (ma la mia è solo un’analisi superficiale) poca comunicazione con il resto d’Europa e del mondo, e sicuramente degli standard che si basano sul welfare finlandese (in molte gallerie è usanza far pagare l’affitto agli artisti, cosa che noi in Italia riteniamo inconcepibile).
Creare un ponte con la Finlandia mi interessa non solo per questioni affettive e per il profondo legame con ho quella terra, ma anche per il loro approccio interessato e professionale all’arte e agli artisti. Non escludo la possibilità di approfittare delle loro condizioni economiche favorevoli e degli alti standard accademici per compiere finalmente un percorso formativo direttamente sul territorio.

Dalla nostra chiacchierata, fatta prima dell’intervista, è uscita fuori una figura d’artista umile ed ambiziosa allo stesso tempo. Speri di poter riuscire in futuro a creare qualcosa che sia davvero identificabile come solo tuo, uscendo così dallo stereotipo pop surrealista nel quale sei ormai identificata?
Naturalmente sì. Si tratta di nutrirsi molto, possibilmente di cose varie, di studiare tanto, di scartare tanto. Non bisogna avere paura di sbagliare. L’errore fa parte del processo creativo. Bisogna anche osservare molto sia quello che è già stato fatto in campo artistico, sia quello che viene prodotto ogni giorno, non solo fra i grandi ma anche a livello locale. Studiare le tecniche che ti permettono di convogliare al meglio il tuo messaggio, non aver paura di uscire dagli schemi imposti da categorie o stili, mai osservare solo le opere appartenenti ad un certo genere ma spaziare, spaziare il più possibile, e soprattutto pensare sempre “Lo posso fare anch’io”. Con molta umiltà e spirito critico nei confronti di ciò che si sta facendo.

Sabrina dan 9

Nelle tue opere si vede poco colore, in verità sono quasi tutte in bianco e nero, questa scelta è dettata da cosa?
Ho sempre lavorato con i colori, ma non sono mai riuscita a trovare un linguaggio che mi soddisfacesse. Una tonalità che fosse mia. Che mi permettesse di entrare nel mio mondo fatto di proporzioni storte e ombre improbabili.
Ho passato molti anni della mia vita a scattare fotografie in maniera quasi ossessiva. Prevalentemente in pellicola. Possibilmente in bianco e nero. Sicuramente questo è stato il germe che mi ha portato a dipingere solo con questi due colori (e con l’aggiunta di un solo tocco di colore, di solito rosso o blu, a indicare cose d’importanza maggiore).
Un motivo ulteriore è stato anche che in campo pop-surrealista i colori sono sempre molto importanti, mentre per me era importante trovare un modo per distaccarmi dai canoni generali della corrente. Per non dimenticare che il bianco e nero mi riporta alle matite e alla dimensione dello schizzo su carta, il campo in cui mi sento più libera sia di esprimermi che di farlo non necessariamente con la perfezione visiva richiesta con altri media come la tela.

Sei molto legata ai sogni come veicolo di creazione artistica, le tue opere sono un flusso di coscienza su tela. Ma ancora di più ti interessano le teorie quantistiche. Questo svela molto di come vedi la realtà. Perché non ci illustri un pochino come intendi applicare queste intuizioni e teorie alla pratica della pittura?
Si tratta sempre di caso, no? La casualità (e la necessità) con cui tutto si crea anche in natura. E’ tutto un caso, ma in realtà se vai a scavare puoi associare un significato a tutto quello che ti trovi davanti.
Prima facevo dei bozzetti delle mie opere, e non divagavo più di tanto dall’idea originale. Ora invece mi trovo molto più a mio agio a partire da un’idea (piuttosto precisa) ma poi a lasciare che i miei personaggi appaiano uno dopo l’altro con grande libertà, senza sapere chi ci sarà né perché. Ecco perché si torna a un flusso di coscienza, dove tutte le cose che mi hanno colpito (a livello intellettuale, emotivo o visivo) prima o poi escono fuori in uno dei miei dipinti. Certe cose le riconosco fin dall’inizio, altre invece le scopro solo dopo averle dipinte e osservate a lungo. Però tutto alla fine ha un senso (che gli do io).  Così per caso e necessità ogni tassello trova la sua collocazione ottimale, e ciò che non funziona viene scartato.

L'APPRODO_oil on canvas_70x100 Sabrina Dan 7

Qual è l’artista che ti ispira di più nei tuoi lavori e nella vita?
Le mie ispirazioni sono in continuo mutamento, proprio perché è importante nutrirsi di “alimenti” sempre diversi.
In campo pittorico, quest’estate ho riscoperto sia Bacon che Bosch, entrambi inquietanti e contorti, anche se in maniere diverse (l’uno puntava ai vuoti, l’altro ai pieni). Ho letto anche una bella biografia di Bacon ma non sono necessariamente interessata alle vite degli artisti. Secondo me un artista è composto in massima parte dalle sue opere, e solo quelle contano (se contano, naturalmente, come diceva Calvino).
In campo di espressione letteraria invece sono rimasta molto colpita dalle divagazioni inusuali di Barthes. Scrive in un modo simile a come io penso, quindi lo trovo di grande ispirazione.

In cosa sarai impegnata nel prossimo futuro? Hai delle mostre in programma? 
Al momento sto preparando una mostra molto interessante in Austria, a Kitzbuhel. Inaugurerà il 28 febbraio. La cosa fantastica è che gli spazi mi permettono di lavorare su delle tele di misure piuttosto importanti, un lusso che raramente ci si può prendere sia per gli spazi di lavoro che per i costi di produzione.
Poi mi piacerebbe riuscire ad organizzare una bella personale a Roma, magari in uno spazio che mi permetta un minimo di sperimentazione anche a livello di tecniche audio-visive e di installazioni.

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THE BATTLE_oil on canvas_55x70 Sabrina Dan 3

THE KEEPER_oil on canvas_35x29 Sabrina Dan 5

THE DEPARTURE_oil on canvas_35x29 Sabrina Dan 6

MAAM Museo dell'Altro e dell'Altrove Sabrina Dan 8

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Marco De Carolis

Io sono, ma anche tu sei, per quanto pure egli, che poi alla fine chi lo usa sto “egli” nei discorsi? Comunque, io sono Marco, ma potete chiamarmi come vi pare, la cosa importante non sono io ma che voi leggiate di arte che poi è la maggiore espressione e la più significativa del genere umano e, soprattutto, che lo facciate qui su Organiconcrete, ma come perché!?! Perché ci scrivo io no! Che poi sarei Marco. Non siete attenti però!!

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