Sumer: mi dispiace, figlio mio.


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Nell’ultimo secolo, le azioni dell’uomo hanno spinto la coscienza collettiva a credere che il mondo (presto o tardi) finirà a causa sua. Per esorcizzare il senso di colpa derivato dalla nostra irresponsabilità nei confronti dell’ecosistema, partiamo dal presupposto che ormai non esista una valida alternativa possibile. Perché l’uomo è cattivo, il pianeta è malato e nessuno uscirà vincitore da questa condizione. Dunque, perché cambiare atteggiamento? Perché mutare le nostre abitudini oggi per prolungare questo stillicidio? Se ormai tutto fosse perduto, proseguire in questa direzione o cambiare rotta sortirebbe lo stesso effetto.

Sumer di Alvaro García è un invito a porsi domande sui risultati delle nostre azioni, rivalutando la nostra importanza nei confronti di ciò che ci circonda. Questo corto ha diversi elementi molto interessanti dal punto di vista della narrazione e dell’impatto visivo. Si apre con una lettera di scuse dal tono rassegnato, in cui una madre chiede l’assoluzione al figlio per aver consegnato nelle sue mani un mondo morente, dove la Ionosfera è stata distrutta. Questa sequenza da sola racchiude in sé la consapevolezza di base del nostro secolo: abbiamo oltrepassato un limite che non avremmo mai dovuto oltrepassare. Il mondo in cui il ragazzino si muove è una terra desolata con toni molto caldi, tipici di un mondo bruciato dal sole, in cui l’uomo si tumula in costruzioni di cemento e nell’acciaio. La città è fatta di strutture tutte simili l’una all’altra (escluse alcune decisamente fuori scala, probabilmente strutture di controllo sociale), con bombole d’ ossigeno che rendono l’aria respirabile. Ci sono guardie armate ovunque, più simili a robot che a uomini, che controllano ingresso e uscita dalle mura cittadine.

Cosa accade quando in mezzo a questo contesto, dal nulla, spunta un “Bianconiglio” a stuzzicare la curiosità del giovane protagonista? Che forse quello che la fantascienza distopica ci ha comunicato nel corso degli anni è vero: l’uomo come lo conosciamo è condannato, mentre il pianeta sopravviverà, come ha sempre fatto, con o senza di noi.

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Mirko Tommasino

Mi chiamo Mirko Tommasino, ho 27 anni e da grande vorrei diventare una persona interessante. Mentre cerco il mio posto nel mondo: leggo, scrivo, osservo, fotografo, suono e progetto cose, non per forza in quest’ordine e non per forza separatamente

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