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Breve manuale sull’antropologia del tatuaggio vol.II


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Amanda Toy

Lo so che vi siamo mancati in questi mesi di ferie (vostre) e di nostro restyling editoriale e come avrete notato siamo ripartiti alla grande in questo fresco settembre 2016, ovviamente nel nostro inconfondibile stile e sempre con tante belle sorpresine in tasca per voi, non abbiate fretta perché ve le somministreremo pian pianino nel corso di questa nuova stagione di articoli, pillole e save the date. Io continuerò a parlarvi delle cose che piacciono a me, individui strani e colorati per allietare i giorni che mancano alle prossime vacanze e oggi voglio proprio iniziare tornando su un argomento di cui abbiamo parlato qualche anno fa, diciamo agli albori della nostra cara e ormai defunta rubrica Tuesday Poison, ovvero i tatuaggi. Se nel mio precedente articolo avevo fatto una panoramica sulla storia del tatuaggio, oggi invece non voglio tanto tediarvi con descrizioni inutili e parafrasi lunghissime perché credo fortemente che in realtà i tatuaggi non abbiano bisogno di nient’altro se non che di essere ammirati nella loro bellezza. Nient’altro che nella loro mera espressività estetica pregna di simboli e storie personali. E allora eccovi serviti miei cari lettori, nel nostro menù di oggi serviamo tatuaggi straordinari realizzati da tre tatuatori italiani che ho scelto per voi con molta cura. Vi piaceranno, ne sono certa.

La prima dei magnifici tre non poteva non essere che lei, Amanda Toy, una ragazza dai grandi occhi scuri che vive e lavora a Milano, anche se molto spesso trasporta il suo mondo tra il capoluogo lombardo, Londra, Osaka e Washington. Sia sui suoi tatuaggi che ho selezionato per voi, sia sulle tele che ogni tanto si diverte a realizzare, questa reginetta del tatuaggio dimostra una capacità impressionante nel saper raccontare storie ludiche vissute dai suoi personaggi, un po’ sorridenti e un po’sognatori ma soprattutto tanto colorati, come vuole la cultura pop di cui la sua arte sembra essere l’incarnazione allo stato pauro, andando a creare nella mente dello spettatore una sorta di gioco cromatico epidermico particolarmente bizzarro che a me manda letteralmente in visibilio.

Il secondo tatuatore selezionato dalla sottoscritta è Matteo Pasqualin, artigiano tatuatore dal 1997, come egli stesso si definisce sul suo sito, il quale lavora nel suo THE INKERS TATTOO SHOP di Rovigo, un vero e proprio laboratorio dell’immagine dove l’artista realizza le sue opere realistiche black and grey, una combinazione di colori che rende le sue opere inclini all’universo lowbrow di cui abbiamo tanto parlato nelle scorse stagioni, una realtà artistica che si nutre di soggetti stravaganti, molto spesso b-side, ma anche appartenenti a quella cultura cinematografica dove pin up e teschi (e non solo) si alternano sulla superficie della pelle che sotto gli strumenti di questo illustre artista si trasforma in foglio da disegno.

Il terzo e ultimo tatuatore di questa mini selezione è Loreprod (Lorenzo Anzini), un vero e proprio talento nell’arte del tatuaggio, soprattutto di quel tipo di tatuaggio che cattura il pensiero, il quale a sua volta si lascia andare a tanta domande grazie a quel suo simbolismo fatto di segni e personaggi colorati uniti insieme come tanti parti di un puzzle che si compone nella mente dell’artista che crea. Apparentemente i suoi tatuaggi appaiono come il risultato di formule strutturali ed antropologiche ma quando ci si avvicina di più ci si rende conto che ci si trova di fronte ad un alchimista, un abile maneggiatore di grafica e tatuaggio che incanta con il suo linguaggio. Andate a trovarlo nel suo Nero di seppia a Cattolica, non solo uno studio ma un vero e proprio laboratorio di idee.

E voi di che tatuaggio siete?

 


Eva Di Tullio

Io sono Eva e con Tuesday Poison ogni martedì, vi racconterò la storia dell’arte pop surrealista e lowbrow: accomodatevi pure!

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