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La fotografia antropoligica negli scatti di Izumi Miyazaki e Hiroh Kikai


Izumi Miyazaki

Izumi Miyazaki

Che il Giappone sia per noi redattori di Organiconcrete un paese particolarmente affascinante è una verità assoluta e il pezzo bellissimo di ieri sulle fotografie di Michael Wolf  scattate nella metropolitana di Tokyo scritto da Claudia Tornatore è una sorta di anticipo a quello che sto per raccontarvi io con queste righe. Oggi rendiamo ancora una volta onore al Giappone, le cui città, il cui popolo e la cui cultura sono emblemi di un mondo fantastico dove le regole di comportamento e la devozione all’universo spirituale conducono la vita e l’essenza di ogni abitante del Giappone. Eppure in un paese dall’apparenza così rigida e formale vengono fuori delle menti creative che danno un ulteriore impulso verso la conoscenza di questo posto, una forte spinta nell’approfondire lo studio dei suoi personaggi artistici in continuo fermento. Il Giappone allora mi appare come una fucina di creativi sempre un passo più avanti con l’arte e potrei citare infiniti esempi che mi venono in mente ripensando alla nostra rubrica sull’arte lowbrow e pop surrealista con la quale vi ho introdotto alla conoscenza di artisti straordinari che provengono proprio dal Sol Levante ma quello che in realtà voglio fare oggi è presentarvi due fotografi, i quali attraverso i loro scatti raccontano in modo completamente diverso ma paradossalmente simile il loro Giappone, quello delle persone che lo vivono. E’ arrivato il momento di presentarvi i protagonisti di questo pezzo, Izumi Miyazaki e Hiroh Kikai.

Izumi Miyazaki

Izumi Miyazaki

Di Izumi Miyazaki si conosce veramente poco anche se il suo profilo Tumblr è circolato parecchio in questi mesi su alcune webzine americane dalle quali ho preso spunto. Sappiamo con certezza che si tratta di una giovane fotografa giapponese, la quale nel 2012 mentre era una studentessa della Musashino Art University di Tokyo ha avuto la brillante idea di aprire il suo blog quasi per scherzo, non pensando forse che i suoi particolari ritratti tra le strade della capitale nipponica potessero attirare così tanti curiosoni come la sottoscritta. Izumi Miyazaki si prende gioco del nostro osservare le sue fotografie attraverso quel suo modo buffo e simpatico di collocarsi al centro delle sue composizioni dove tutto sembra surreale e possibile allo stesso tempo, il suo sguardo incredulo, sorpreso e delicato in ogni scatto che ho selezionato si accosta perfettamente alle situazioni strane delle quali è protagonista. La solitudine della quale è protagonista, gli ambienti circostanti che rimandano ad un senso di alienazione, la costante dell’elemento cibo compongono nella mente di chi osserva un collage di peripezie emotive e visive che sembrano create appositamente per far scaturire domande e pensieri circa la situazione degli esseri umani inseriti in un contesto dove l’individualismo è il segno inconfondibile della nostra stessa esistenza, abbassando di un poco i toni ilari con i quali vengono accolte le immagini in un primo istante.

Izumi Miyazaki

Izumi Miyazaki

Il secondo ospite di questo appuntamento sulla fotografia giapponese è Hiroh Kikai, un artista molto conosciuto in patria per le sue serie monocrome che hanno come protagonisti le persone che vivono a Tokyo, in particolare modo nel distretto di Asakusa che si estende nell’area nord est della capitale nipponica, la quale ancora una volta diventa il fulcro centrale in questi articoli sulla fotografia firmata Organiconcrete. Sebbene oggi sia un fotografo affermato, Hiroh Kikai ha raggiunto la sua fama soltanto nel 2003 quando il suo book Persona, preceduto qualche anno prima da Ōtachi no shōzō / Ecce Homo, si è aggiudicato sia il Domon Ken Award, il più celebre riconoscimento giapponese nell’ambito fotografico, che il Premio Annuale dell’Associazione dei fotografi del Giappone (PSJ), la conferma dei suoi straordinari ritratti agli abitanti di Asakusa che il fotografo ha iniziato a raccogliere dal 1973 quando, armato di pazienza e una macchina fotografica, una Minolta Autocord TLR per la precisione, se ne stava ad aspettare i soggetti da fotografare e che oggi formano una raccolta di più di 600 persone catturate dal suo obiettivo. C’è un filo comune che lega la fotografia di Izumi Miyazaki a quella di Hiroh Kikai ed è esattamente la capacità di descrivere la solitudine dell’essere umano attraverso la lente dell’obiettivo che dilata lo spazio e tutto il mondo circostante ma riduce l’espressione del soggetto. Singoli individui sono al centro dei suoi scatti in bianco e nero, personaggi in cerca di un occhio che li osservi e uno in grado di descrivere la loro esistenza che in alcuni casi compare più volte all’interno della raccolta proprio per documentare il passaggio del tempo sul volto dei protagonsti coinvolti.

Se ho scelto di parlarvi di questi due fotografi è perhé del loro lavoro adoro quell’aspetto antropologico che nel tentativo di studiare dei soggetti presi da contesti specifici in realtà coinvolge lo sguardo e il pensiero di qualsiasi osservatore che è consapevole della sua solitudine collettiva.

Izumi Miyazaki

Izumi Miyazaki

Izumi Miyazaki

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Izumi Miyazaki

Izumi Miyazaki

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Izumi Miyazaki 

Hiroh Kikai

Hiroh Kikai

Hiroh Kikai

Hiroh Kikai

Hiroh Kikai

Hiroh Kikai

Hiroh Kikai

Hiroh Kikai

Hiroh Kikai

Hiroh Kikai

Hiroh Kikai

Hiroh Kikai

Hiroh_Kikai

Hiroh_Kikai

Hiroh_Kikai

Hiroh_Kikai

 


Eva Di Tullio

Io sono Eva e con Tuesday Poison ogni martedì, vi racconterò la storia dell’arte pop surrealista e lowbrow: accomodatevi pure!

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