REPUS: Il ruolo della coscienza


Quanti tipi di militare vi vengono in mente? Fatela semplice: uno. Quello che esegue gli ordini.
Un militare dedica la sua vita a quello che ha accettato come bene superiore: l’interesse del proprio Paese. L’agenda e le priorità relative a questo interesse vengono di norma decise dai Governi, entità distinte dal popolo, talvolta anche nelle migliori democrazie. Dunque un militare che non esegue gli ordini non è un militare, o smette di esserlo.
1972
. Negli Stati Uniti esplode il caso Watergate, che porterà, due anni più tardi, alle dimissioni del presidente Richard Nixon, coinvolto nello scandalo e costretto a dimettersi per evitare l’impeachment. E’ il brusco risveglio della democrazia americana, che si scopre nuda, vulnerabile e corrotta. Sono gli anni della contestazione, quella che non finirà con l’epilogo del conflitto in Vietnam, e parte della coscienza popolare ammaina la bandiera.

Steve Rogers è un veterano della Seconda Guerra Mondiale. Nel 1940 era un orfano di Brooklyn rachitico e malaticcio, un ragazzo di buon cuore con un grande talento per le arti grafiche. Un giovane artista con una storia famigliare difficile e un’adolescenza sofferta. Per via delle sue qualità morali, unite a una dose di patriottismo tanto sincero da rasentare l’ingenuità, viene scelto come cavia per un’operazione militare segreta che lo trasformerà nel perfetto ‘super soldato’, potenziando le sue capacità fisiche e atletiche a livello sovrumano.
Steve Rogers è un personaggio di fantasia, al quale nel 1941 hanno dato vita la penna di Joe Simon e la matita di Jack Kirby (scolpite nel marmo della vostra memoria questo nome), due giovani fumettisti newyorchesi inorriditi dalla violenza nazista (Kirby è figlio di ebrei austriaci) e a favore dell’intervento militare americano in Europa. Nella sua prima apparizione in assoluto, infatti, Steve Rogers dà un destro al baffetto a spazzolino di Adolf Hitler.

 

1945. Poco tempo prima che la guerra finisca, Steve Rogers si trova a bordo di un aereo carico di bombe, che fa esplodere in volo prima che il velivolo raggiunga gli Stati Uniti. Invece di morire, Capitan America finisce nelle acque del Mar Glaciale Artico, ibernato. Verrà ritrovato e scongelato qualche decennio più tardi. Al suo risveglio è ancora un militare, ma la guerra è finita e il mondo è cambiato. Molte delle persone che conosceva sono morte, e gli Stati Uniti d’America sono la più grande potenza mondiale. Da questo momento in poi Steve Rogers è un uomo fuori dal tempo.
Ma torniamo a Watergate: Nixon si dimette il 9 agosto 1974. Nel dicembre dello stesso anno Rogers, ancora Capitan America, mentre indaga su un’ organizzazione sovversiva nota come l’Impero Segreto, scopre che a capo di questa vi è un alto funzionario del governo. Il traditore si suicida dopo essere stato smascherato, ma il Pentagono copre tutta la vicenda, sostituendolo con un sosia. Capitan America, che indossa i colori della bandiera americana dalla seconda guerra mondiale, non ci sta e abbandona le stelle e le strisce. Vestirà di nero e vagabonderà in motocicletta per gli Stati Uniti, facendosi chiamare ‘Nomad’, il Nomade. Rogers, eroe di guerra, rinuncia ai colori del proprio Paese perché non si riconosce nella poca trasparenza del suo governo.

 
1987
. Sono passati diversi anni da quell’episodio e Steve Rogers è tornato a indossare il ‘red, white and blue’, perché se n’è fatto una ragione: il sogno americano, quegli ideali di libertà, giustizia e uguaglianza che lui incarna, e che lo hanno reso quello che è, non vanno confusi con le azioni del Governo, messe in pratica da uomini che, a differenza degli ideali, possono essere corrotti. Si, ma non dirlo ad alta voce, Steve.
Nel pieno della politica “rambista” di Reagan, Capitan America viene informato dalla Commissione per le Attività Superumane che non era mai stato ufficialmente congedato dall’esercito degli Stati Uniti e per questo gli viene richiesto di riprendere servizio come membro “attivo” delle forze armate, eseguendo tutti gli ordini che gli vengono impartiti. Eh no, sbotta Rogers, già mi avete fregato una volta. Perciò abbandona di nuovo colori e scudo e si mette in proprio. E il suo fiuto anche stavolta paga, perché dietro questa Commissione c’è il Teschio Rosso, la sua nemesi dai tempi della Seconda Guerra Mondiale, uno che, per essere un nazista e anche un po’ nichilista, traffica anche troppo con governi corrotti e quant’altro. Come se non bastasse il Pentagono lo sostituisce con un altro Capitan America, un destroide violento di nome John Walker, che indossa la sua uniforme, impugna il suo scudo e compromette la sua reputazione. Perciò dopo un po’ che fai, non torni? Torni, torni.
Sistemi Teschio Rosso e John Walker e ribadisci che gli ideali del sogno americano li rappresenti finché nessuno ti dice chi difendere e chi attaccare. Difendi chi è indifeso, attacchi chi minaccia gli indifesi. Punto.

2006. E’ l’era dei reality show e anche un gruppo di super eroi di serie B, per alzare le proprie quotazioni, è costretto ad andare in televisione. Durante una puntata di un reality sui super poteri, un gruppo di inesperti avventurieri in costume si scontra con un super criminale di lungo corso, un grosso calibro. Risultato: una scuola elementare di provincia esplode e perdono la vita centinaia di bambini innocenti. Il Governo degli Stati Uniti emana allora un decreto che obbliga chiunque abbia una maschera e dei super poteri a ‘registrarsi‘, ovvero a rendere pubblica la propria identità e a lavorare esclusivamente eseguendo gli ordini del Pentagono. “Attacchi chi decido io, difendi chi decido io”. Chiunque si opporrà verrà ricercato come il peggiore dei criminali, non importa quanto bene abbia fatto in passato. Steve Rogers è ancora un uomo fuori dal tempo, ha provato innumerevoli volte a rifarsi una vita e no, non è riuscito a costruirsi un’identità segreta che valga la pena difendere. Ma non ci sta lo stesso. Molti super eroi non hanno scelto di ricevere i loro poteri, hanno delle famiglie che si troverebbero in pericolo se rivelassero le proprie identità e portano avanti una missione che non potrebbe dipendere da altro che dalla propria coscienza. Perciò organizza una Resistenza, e il Governo gli dà la caccia. Di nuovo? Ancora! Come bandiera sei un disastro, Capitan America. Capitan “I colori della bandiera li portavo prima io e perciò faccio come mi pare”. Dopo una lunga lotta senza quartiere tra super eroi governativi e super eroi ribelli, Cap viene arrestato. Il giorno del processo, mentre è in manette, gli sparano. Capitan America muore. Da nemico dello Stato.

 

Avrò modo di parlare più in avanti della morte nei fumetti, intanto vi basti sapere che dipende spesso dalle vendite. E dopo una morte del genere, è difficile che su internet i nerd non si scatenino per farvi tornare in vita, il più delle volte con mezzucci narrativi talmente farraginosi che neanche nelle peggiori soap opera sudamericane. E pazienza, di questo parleremo un’altra volta, ora torniamo a Cap.
Un militare è tale solo se esegue gli ordini. E Steve Rogers non è più un militare, è un super eroe e risponde solo alla sua coscienza. Se non siete americani non amate Capitan America, perché lo associate a un nazionalismo che, per giunta, non vi appartiene. Come darvi torto. Eppure Capitan America non rappresenta la forza della sua nazione, la sua retorica, la sua storia politica e militare. Steve Rogers rappresenta la coscienza popolare del suo paese, quella imbevuta di ideali di libertà, giustizia e uguaglianza, perché non ha altri interessi da difendere. Gli interessi che, sulla carta, sono alla base della nascita degli Stati Uniti d’America. Sulla carta. Come, d’altronde, ogni fumetto che si rispetti.


Simone Vacatello

Simone Vacatello, 28 anni, laurea magistrale in Lettere moderne. Umanista e randagio della comunicazione, non è qui per farvi apprezzare l'invasione di fumetti e super eroi, ma per aiutarvi a farvene una ragione

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