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A colpi di luce 2.0: Marco Scozzaro

A colpi di luce 2.0: Marco Scozzaro


Entrando nel sito internet di Marco ci si trova davanti una ragazza dai lineamenti duri che mette in mostra in modo disinvolto le ascelle mal depilate. Le sue foto possono spiazzare per la crudezza, eppure le accomuna una certa serenità, una sorta di accettazione del particolare imperfetto.

Ciao Marco; quanto per te è un lavoro la fotografia, e quanto un piacere? Raccontaci un po’ chi sei e come la vedi.
Trovo che la fotografia sia indissolubilmente legata alla mia vita e al mio modo di essere. Non riesco ad immaginarmi di fare altro. Ho un master in psicologia, ho suonato in diversi gruppi e sono fondamentalmente un introverso, ma col passare degli anni tutto torna e finisce nella fotografia.
Sicuramente è un piacere ma è anche il mio lavoro e non potrei chiedere di meglio, anche se non è una vita affatto facile.

Praticamente in ogni tuo scatto troviamo un soggetto umano; che rapporto hai con la fotografia al di la della ritrattistica (anche come fruitore)?
La fotografia deve trasmettermi emozioni, a prescindere che sia un nudo, una pianta o una foto astratta. Indubbiamente le persone mi affascinano molto ma quello che mi interessa di più è quando una foto non dice tutto e mi lascia in uno stato di sospensione.

Qual è il vero soggetto delle tue foto? Se fin’ ora ho affermato con facilità che nel lavoro di alcuni autori troviamo principalmente l’ emozione e in quello di altri troviamo la bellezza estetica, davanti al tuo mi trovo in difficoltà. Mi sembra che tu fotografi i “gusci” delle persone, possibile?
Il vero soggetto delle mie foto sono io. Fotografo il mio mondo per descrivere emozioni che possono essere condivise da altri. Mi interessa certamente collaborare col mio soggetto e portarlo in un territorio dove possa esprimere quello che mi interessa cogliere.

L’utilizzo del digitale in questo caso mi sembra una scelta mirata; credo che si sposi perfettamente con il tuo modo crudo e diretto di rappresentare quello che vedi. Credi che il termine “realismo” potrebbe andare?
Non mi dispiace il termine realismo. Mi interessa partire dalla realtà, descriverla e rappresentarla, ma non necessariamente limitarmi ad essa.
Mi piacere cogliere ogni dettaglio del mio soggetto e per questo motivo fotografo principalmente con macchine di medio e grande formato. Scatto principalmente in pellicola a parte qualche lavoro editoriale e commerciale dove per motivi di tempo e budget devo ricorrere al digitale.

A rincarare la dose in fatto di crudezza si aggiunge, ogni tanto, una foto di nudo esplicito. Che significato assume per te lo stare in piedi al centro dell’ inquadratura completamente nudi?
Il nudo rappresenta il desiderio di annullare certe sovrastrutture. C’è sicuramente una componente voyeuristica, ma ciò che comunque mi interessa maggiormente è la componente psicologica dei miei ritratti, siano i soggetti nudi o vestiti.

Parlaci brevemente di uno dei tuoi progetti personali.
Sto lavorando da un paio di anni ad un progetto che si intitola Maggio. Parla di memorie e sentimenti legati all’Italia di cui ho preso consapevolezza soltanto vivendo a New York. Parla di quello che vorrei dire di me a mio padre se fosse ancora qui. L’idea è quella di farne un libro.

Questa è una curiosità quasi immotivata.. quanto sei veloce in fase di scatto? Quanto dura un tuo shooting in media?
Lavorando principalmente con un banco ottico o una macchina 6×7 su un cavalletto non posso essere troppo veloce in fase di scatto. La relativa lentezza collegata all’uso di questa macchine però ha i suoi lati positivi e non mi dispiace affatto.

Ringrazio tanto Marco e vi invito a passare cinque minuti sul suo sito: http://www.marcoscozzaro.com/


Giulia Bersani

Sognatrice irrimediabile con il vizio della fotografia

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