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Repus: Senza poteri, dalla parte dei più deboli

Repus: Senza poteri, dalla parte dei più deboli


Robin Hood “rubava ai ricchi per dare ai poveri”. O almeno questo è quanto dice la vulgata, che nei secoli si è sempre più allontanata dalla leggenda iniziale, ovvero quella di un bandito comune, idealizzato dal popolo perché simbolo di una ribellione nei confronti del potere tiranno. Grazie a un vasto numero di rielaborazioni letterarie prima e di trasposizioni cinematografiche poi,  la tradizione ha regalato ai nostri giorni il profilo romantico di un Robin Hood idealista, simbolo del riscatto sociale. Che poi -voglio dire – buona fortuna a chiunque decida che sia più fruttuoso rubare ai poveri.

Che questa figura – un misto leggendario di fuorilegge medievali realmente esistiti e personificazioni di divinità boschive celtiche – elargisse parte del bottino al popolo per conquistarne il silenzio e le simpatie, o che fosse un sindacalista ante litteram delle classi non abbienti, non è comunque difficile colmare il vuoto di immaginazione che separa una vicenda di criminalità comune, in tempi di grande povertà,  dalle porte dorate della leggenda eroica. Il trucco sta nell’identificarsi in una condizione di antagonismo, in cui l’idea del riscatto sociale contribuisca a nobilitare un gesto fuorilegge. E’ così che un bandito diventa un idolo, specie quando finisce male. Perché quando il popolo ha fame, in genere, uno dei primi metodi con cui prova a placare lo stomaco è masticando eroi.

Il tratto distintivo di Robin Hood è l’arco: un’arma leggiadra e precisa, per la quale è necessaria una mira straordinaria, una sincronia tra mani e occhi che rende l’esecuzione spettacolare. Spettacolarità che, nel fumetto, è d’obbligo. Nel 1941, negli Stati Uniti, andava in onda il serial televisivo ‘L’arciere verde’, tratto da un racconto di Edgar Wallace, mentre il successo editoriale nel campo dei comics  era tutto di Batman, l’eroe mascherato senza super poteri, dedito alla lotta al crimine. I fumettisti Mort Weisinger e George Papp decisero perciò di mettere insieme capra e cavoli per creare un Robin Hood di carta, e nacque Green Arrow, la Freccia Verde.

Il caso editoriale di questo eroe è più unico che raro: rimase per venticinque anni un personaggio di secondo piano, poco significativo, ricalcante per lo più la falsariga del modello eroico proposto da Batman: Oliver Queen, era infatti un avventuriero milionario, dedito alla lotta contro il crimine per le strade di Star City, abile arciere equipaggiato con frecce speciali multi-uso, tra cui idiozie come la freccia-colla, la freccia-guantone da boxe e via sfrecciando. Aveva persino una giovane spalla, Speedy, che faceva il verso al Robin di Batman. Tutto però cambiò alla fine degli anni ’60, quando l’inventiva dello sceneggiatore Dennis O’Neil e le imponenti matite di Neal Adams regalarono al mondo dei comics un personaggio sfaccettato come raramente ne aveva avuti prima. Sulle pagine del fumetto dedicato a Lanterna Verde, infatti, Oliver Queen, che nel frattempo ha perso tutte le sue fortune (come Robin Hood, nobile decaduto  in alcune versioni del mito), diventa molto più di un coprotagonista: un alfiere dei più deboli e delle tematiche sociali più controverse le quali, fino ad allora, non avevano trovato spazio nel mondo colorato degli eroi.

Oliver Queen non è più un privilegiato, ma un paladino dei deboli e soprattutto dei reietti. Se infatti Lanterna Verde, poliziotto interstellare, è interessato a fermare i crimini operando gomito a gomito con “il sistema” e preoccupandosi esclusivamente dei criminali da neutralizzare, Freccia Verde è più concentrato sui problemi della società che generano il crimine, quali la povertà, il disagio urbano e il razzismo. E’ lui che costringe l’amico a un viaggio in giro per gli Stati Uniti per aprire gli occhi alla comunità supereroistica sui problemi invisibili che affliggono il mondo che dicono di proteggere.

Sarà anche il primo eroe ad affrontare il problema della droga, scoprendo che la sua giovane spalla, Speedy (Roy Harper), è un tossicodipendente che ha cercato di sostituire le attenzioni mancanti della figura paterna (lo stesso Oliver) con l’eroina. Questi proverà dunque a farsi carico di una generazione di adulti che non sa o non vuole ascoltare il grido d’aiuto dei più giovani, preferendo bollarli come deboli e in alcuni casi come criminali.

Grazie a questo rinnovamento narrativo Freccia Verde godrà in seguito di nuova freschezza e popolarità, diventando l’eroe “contro” nel panorama Dc Comics: sempre scettico e battagliero nei confronti dei suoi colleghi con super poteri, perché troppo presi da scienziati pazzi e guerre tra alieni per poter risolvere alle radici le problematiche che causano il crimine e il disagio sociale. Non a caso molti anni dopo, quando un ormai cresciuto Roy (finalmente libero dalla tossicodipendenza) deciderà di abbandonare l’identità di Speedy per diventare l’eroe noto come Arsenale, Oliver lo sostituirà con una giovane ragazza sieropositiva salvata dalla prostituzione, Mia Dearden, addestrandola a diventare una avventuriera mascherata armata di arco e frecce.

Burbero e scontroso ma attivista coraggioso, socialista radicale su terreno americano, non più milionario né dotato di un addestramento sopraffino come quello di Batman, Oliver è un solitario anche tra i suoi simili, dei quali non ama la compagnia, eccezion fatta per Lanterna Verde, compagno di tante avventure, e Black Canary (Dinah Lance), bionda e combattiva vigilantes in giacchetto di pelle e calze a rete, nonché amore della vita di Oliver per tanti anni di alti e bassi sentimentali, determinati dalle intemperanze e dai tradimenti dell’arciere.

Freccia Verde non ha caratteristiche che lo rendano invincibile. Il suo cammino come eroe, proprio perché più solitario e ideologicamente segnato di quello di altri, si è basato spesso anche sull’ammissione delle proprie responsabilità e colpe: le mancanze nei confronti di Roy, l’abbandono di un figlio avuto da giovanissimo (Connor, divenuto anche lui arciere in seguito), l’omicidio arbitrario di alcuni criminali colpevoli della morte della nipotina adottiva Lian (figlia di Roy). Elementi narrativi, questi, che hanno contribuito a creare una figura anche più fragile e umana del comune stereotipo del supereroe infallibile, facendo di Oliver Queen il primo avventuriero in costume che ha rubato la scena ai super poteri per restituirla ai più deboli.

 

 

 


Simone Vacatello

Simone Vacatello, 28 anni, laurea magistrale in Lettere moderne. Umanista e randagio della comunicazione, non è qui per farvi apprezzare l'invasione di fumetti e super eroi, ma per aiutarvi a farvene una ragione

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