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Domenica in strada: Broken Fingaz

Domenica in strada: Broken Fingaz


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Il 9 febbraio sembra essere una data fondamentale per la storia dell’umanità: una festività pagana che celebra la vita, la nascita di una nuova repubblica e l’indipendenza di un paese. In altre parole il 9 febbraio gli antichi romani celebravano i Fornocalia, ovvero le celebrazioni in onore della dea Fornace, la quale garantiva la protezione dei forni e la buona riuscita del pane; il 9 febbraio del 1849, mentre Papa Pio IX fuggiva da Roma i ribelli fondavano la Repubblica Romana e ancora il 9 febbraio 1991 la Lituania votava per la sua indipendenza.
Quando si potrà parlare di indipendenza o di Repubblica in Palestina? Io aspetto ancora quel giorno, assieme a tutte le famiglie che vivono in quei territori che la comunità internazionale si rifiuta di riconoscere come uno stato, quello palestinese che da tanto, troppo tempo aspetta la sua giustizia, condannato a vivere una vita precaria di cui a noi arriva solo qualche immagine. È proprio perché, come ha anche affermato la mia collega Eva nel suo ultimo pezzo di Tuesday poison, credo che la cultura e l’arte abbiano un valore universalmente umano che mi piacerebbe vedere più intellettuali e artisti al servizio di questa causa, perché l’arte e la cultura sono strumenti potentissimi che minano la diffusione del sapere imposto da chi sta al potere.

Ecco, forse il collettivo di oggi potrebbe essere tra quelli chiamati a questa missione, loro che sono nati e cresciuti in Israele e conoscono quei territori di cui parlavo in precedenza, proprio loro sono gli ospiti di questa puntata di Domenica in strada.
Broken Fingaz, è questo il nome del collettivo che vi presento oggi, sono dei ragazzi di Haifa e da qualche tempo si dedicano alla street art, senza tralasciare il loro lavoro di graphic design, ma anzi mischiando le due arti così da creare uno stile a primo impatto molto simpatico.
Kip, Unga, Deso e Tant sono i componenti di questo collettivo attivo dal 2001 che hanno iniziato a fare graffiti e murales quando ancora erano agli studi superiori.
Si sono esibiti in molte galleria, sia in Israele che altrove, e pensate che due anni fa hanno partecipato alla prima personale nel famoso quartiere londinese Old Truman Brewery, famoso soprattutto per i lavori di Banksy e Obey.
È tempo di parlare un po’ dei loro lavori. L’idea di base è quella di realizzare un’immagine contornata da scritte, messaggi e altre diavolerie colorate che conferiscono all’intera immagine una parvenza di pagina strappata ad un fumetto, intere pagine giganti di una graphic novel stampata in qualche laboratorio sotterraneo di creatività.
L’uso sconsiderato dei colori è una costante ma non una regola nelle loro opere e la scelta di colori vivaci , tonalità forti e talvolta anche il bianco e il nero accompagnano le loro storie surreali, un po’ punk e anche splatter.
La loro città sembra rivestire un ruolo importante nella scelta della realizzazione dei loro pezzi, la crew sembra essere molto legata ad Haifa e all’immaginario pop e graffiti di cui è fatta, pertanto le loro opere, per lo più grandi murales, ricalcano il fermento culturale del tessuto urbano in cui operano e allo stesso tempo si trovano a dovere fare i conti con i limiti dello spazio fisico.
Al nostro capo piacciono da morire, è stato lui a farmeli conoscere. Voi cosa ne pensate?
Buona domenica!

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Zelda

Mi chiamano Zelda, come la principessa dei Nintendo, come Zelda Sayre Fitzgerald, come Beautiful Zelda della Bonzo Dog Doo-Dah Band. Sono alta quanto una mela della Val di Non, sono impertinente come i miei capelli e mi nutro di street art, quella roba di cui vi parlo la domenica quando avete il cervello quadrato e parlate di rigori e schedine. Non potrete fare a meno di me.

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